Immobili inagibili prima del sisma e diritto al contributo

DOMANDA

 

La presente per esporre un caso particolare relativo ad un fabbricato industriale sito nel comune di ……, tutt’ora di proprietà della società ….. con sede in via ……

Il Comune di ……, giusta ordinanza sindacale n. …….-2017, rilevato che in data 18/07/2017 la squadra dei tecnici incaricati del rilevamento del danno ex sisma 2016 (squadra identificata con n. ……) ha eseguito un sopralluogo sull’immobile de quo ( fg …p.lla … sub …), individuando peraltro un aggregato in quanto il fabbricato della società è parte di un più esteso corpo di fabbrica (sub …. – altra ditta ……), compilando scheda FAST n. …. del 18/07/2017 con esito “EDIFICIO NON UTILIZZABILE”, dichiara la non agibilità dei fabbricati identificati dai sub ……, ne ordina lo sgombero, il divieto di accesso e di utilizzo.

La precedente compagine societaria del fabbricato, che aveva ormai dismesso l’attività industriale, in data 09/12/2013 deposita presso il Comune di …… istanza di “inagibilità e inabitabilità” dell’intero immobile (sub ….), allegando alla detta istanza perizia tecnica a firma del Geom. ….. che, in effetti, specificava che gli impianti elettrico-termo-idro-sanitario non erano inutilizzabili, presentando dunque il fabbricato “carenze igienico-sanitario”. Tale azione era volta alla riduzione del 50% dell’IMU, come consentito dal regolamento del Comune di ……

In effetti il fabbricato, con il cambio di compagine societaria, oggi presenta tutti i crismi di un fabbricato industriale che potrebbe funzionare, completo di allacci ai servizi, in quanto oggetto di intervento di adeguamento igienico sanitario che ha completamente eliminato le carenze denunciate dal precedente proprietario, ancor prima del sopralluogo del 18/07/2017 ad opera dei tecnici della Protezione Civile, che ne hanno rilevato solo i danni ricevuti a seguito del sisma 2016.

Il precedente Commissario per la ricostruzione, Dott. Farabollini, in data 24/01/2020 ha pubblicato l’ordinanza n. 90 che disciplina “i criteri per l’individuazione – modalità di ammissione a contributo” per i ruderi ed edifici collabenti.

Tuttavia neanche con la predetta ordinanza sarà possibile riavviare alla produzione il capannone di proprietà della società ora di proprietà di altra compagine societaria, che intende investire sul territorio in servizi per il imprese di costruzione, magazzini di stoccaggio merci e uffici di rappresentanza, in quanto ai sensi della citata ordinanza 90/2020, precisamente in base alla Tabella a questa allegata che individua “elementi per la definizione di edifici collabenti”, punto 5, “impedisce che edifici oggetto di IMU ridotta al 50% in quanto dichiarati inagibili o inabitabili, con perizia tecnica, possano avere accesso al finanziamento per la ricostruzione.”

Ciò Indipendentemente dal reale stato del fabbricato.

La cosa già di per sé è sorprendente in quanto non si comprende per quale ragione se un imprenditore voglia riavviare l’attività di impresa, avendo eliminato a proprie spese le deficienze igienico sanitarie, cosa peraltro di esigua entità, non possa avere accesso al finanziamento per la ricostruzione in presenza di una indiscussa scheda FAST che ne ha sancito il danno strutturale a seguito del sisma 2016 con conseguente dichiarazione di inagibilità ed ordine di sgombero.

Inoltre, la stessa tabella allegata alla ordinanza 90/2020 consente l’accesso ai contributi post sisma, punto 6, per gli edifici dichiarati inagibili o inabitabili con dichiarazione dello stesso proprietario senza perizia/relazione tecnica; la tabella al punto 6 recita:l’immobile oggetto di pagamento IMU ridotta al 50% in quanto dichiarato inagibile o inabitabile. Condizione autocertificata dal contribuente (senza perizia/relazione tecnica)” in questo caso l’immobile è ammesso al finanziamento.

A parere della scrivente società vi è una evidente disparità di trattamento, ingiustificato, tra i due punti 5 e 6 della tabella allegata alla ordinanza 90/2020, in quanto -di fatto- la situazione è la medesima; ciò che cambia è solo la presenza o meno della perizia tecnica (di parte) presentata a corredo della domanda di inagibilità. Basterebbe prevedere nella ordinanza un ulteriore controllo, relativo alla inagibilità igienico sanitaria, prima dichiarare accessibile o meno al contributo per il sisma, considerato che dietro la maggior parte delle richieste di inagibilità si celava solo una impossibilità a pagare l’IMU in momenti di crisi e non certo una reale carenza igienico-sanitaria.

Tanto premesso, con la presente si chiede la revisione della ordinanza 90/2020 e della tabella ad essa allegata affinché nei casi come quello rappresentato, il proprietario possa accedere al finanziamento per la ricostruzione, sanate le carenze igienico sanitarie a proprie spese prima dell’intervento dei tecnici della protezione civile ovvero (con separato computo metrico) in sede di recupero strutturale del fabbricato ed eventualmente previa sanatoria fiscale in termini di IMU.

Ciò comporterebbe una ripresa certa dell’attività produttiva, sospesa a causa della nota crisi degli anni precedenti, con nuova occupazione in attività tecnico e commerciali utili e sinergiche alla ricostruzione post sisma.

Si propone altresì, anche a tutela di eventuali utilizzi distorti della norma, di inserire una condizione per l’utilizzo del finanziamento per la ricostruzione legato all’impegno all’assunzione, nei successivi 5 anni dalla realizzazione dell’intervento di recupero sismico, di unità lavorative in base alla tipologia di attività commerciale che si intende porre in essere.

 

RISPOSTA

 

  1. Con nota del 15 giugno U.S., la Società), ha presentato un’istanza di modifica dell’allegato 1 dell’ordinanza commissariale n. 90/2020, al fine di ottenere l’ammissione a contributo pubblico degli interventi di ricostruzione dell’edificio denominato……

In fatto, la Società ha rappresentato di essere proprietaria del suddetto immobile, il quale era stato dichiarato “non utilizzabile” in seguito agli eventi sismici dell’agosto 2016, giusta scheda FAST n. 2 del 18.07.2017, redatta dai tecnici incaricati dal Comune di …….

L’edificio, originariamente destinato ad attività industriale, era stato sottratto al proprio impiego a fini produttivi previa dismissione dell’attività d’impresa a far data dal 9.12.2013. In particolare, il precedente proprietario dell’immobile aveva presentato al Comune di ……. un’istanza di “inagibilità e inabitabilità” accompagnata da perizia tecnica a firma del geom. ……, nella quale si attestava che gli impianti elettrico-termo-idro-sanitario erano inutilizzabili e che il fabbricato presentava “carenze igienico-sanitarie”.

Detta istanza, riferisce la Società, era finalizzata ad ottenere una riduzione del 50% dell’IMU, ai sensi di quanto previsto dal regolamento del Comune di ……..

Afferma ulteriormente la Società, che “con il cambio di compagine societaria, [l’edificio n.d.r.] oggi presenta tutti i crismi di un fabbricato industriale che potrebbe funzionare, completo di allacci ai servizi, in quanto oggetto di intervento di adeguamento igienico sanitario che ha completamente eliminato le carenze denunciate dal precedente proprietario, ancor prima del sopralluogo del 18/07/2017 ad opera dei tecnici della Protezione Civile, che ne hanno rilevato solo i danni ricevuti a seguito del sisma 2016”.

A fronte dei descritti interventi di adeguamento, l’Istante lamenta il fatto che l’attuale formulazione dell’ordinanza 90, ed in particolare il contenuto della tabella presente nell’allegato 1, non le consentirebbe di accedere al contributo per ruderi e edifici collabenti.

Detta tabella, al punto 5, impedisce infatti che edifici oggetto di IMU ridotta al 50% “in quanto dichiarati inagibili o inabitabili” con perizia tecnica, possano avere accesso al finanziamento per la ricostruzione.

Siffatta previsione, osserva l’operatore economico, creerebbe un’indebita disparità di trattamento rispetto ai casi disciplinati dal punto 6 della medesima tabella che, invece, ammette a contributo gli edifici soggetti a riduzione IMU del 50% sulla base di una dichiarazione di inagibilità autocertificata dal contribuente (senza perizia/relazione tecnica).

  1. In risposta alle predette osservazioni, l’USR ….. ha osservato che la fattispecie deve essere inquadrata alla luce di quanto previsto dall’art. 10 del D.L. n. 189/2016 ai sensi del quale: “1. Non sono ammissibili a contributo gli edifici costituiti da unità immobiliari destinate ad abitazioni o ad attività produttive che, alla data del 24 agosto 2016 con riferimento ai Comuni di cui all’allegato 1, alla data del 26 ottobre 2016 con riferimento ai Comuni di cui all’allegato 2 ovvero alla data del 18 gennaio 2017 con riferimento ai Comuni di cui all’allegato 2-bis, non avevano i requisiti per essere utilizzabili a fini residenziali o produttivi, in quanto erano collabenti, fatiscenti ovvero inagibili, a seguito di certificazione o accertamento comunale, per motivi statici o igienico-sanitari, o in quanto privi di impianti”.

Osserva l’USR che l’istanza della Società va valutata anche alla luce di quanto previsto dall’ordinanza n. 13/2017 (Danni gravi alle attività produttive) il cui art. 1, comma 2, ammette a contributo le imprese “attive alla data del sisma ed ubicate in edifici distrutti o che hanno subito danni gravi”. Rileva in proposito l’Ufficio Speciale che la Società istante aveva cessato la propria attività ben prima degli eventi sismici del 2016 e che, pertanto, la fattispecie di interesse non appariva compresa nell’ambito applicativo della citata ordinanza n. 13.

Parimenti, la richiesta dell’operatore economico non risultava coerente con quanto previsto dall’art. 18 dell’ordinanza n. 19/2017 (Danni gravi alle abitazioni) ai sensi del quale: “Gli edifici che, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legge, non avevano alla data del sisma i requisiti di ordine statico ed igienico-sanitario per essere agibili e utilizzabili a fini abitativi o produttivi in quanto collabenti, fatiscenti, privi di anche uno degli impianti essenziali (elettrico, idrico e di fognatura) o non allacciati alle reti di pubblico servizio, non sono ammissibili ai contributi della presente ordinanza, anche se danneggiati dal sisma.

  1. La sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 viene comprovata mediante certificazioni o accertamenti di autorità pubbliche, comunicazioni o dichiarazioni dei proprietari, usufruttuari o titolari dei diritti reali di garanzia acquisite agli atti di pubbliche amministrazioni ovvero tramite documentazione fotografica o immagini, raffiguranti lo stato dei luoghi in data anteriore agli eventi sismici di cui all’articolo 1 del decreto legge”.
  2. Le risultanze dianzi esposte appaiono confermare la correttezza di quanto osservato dall’USR ……..

Invero, un ostacolo all’accoglimento dell’istanza del privato sembra essere costituito (ancor prima che dalla disciplina recata dall’ordinanza n. 90/2020) dall’art. 10 comma 1 del decreto Sisma rubricato “Ruderi ed edifici collabenti”.

Come sopra evidenziato, la citata norma primaria stabilisce la non ammissione a contributo degli edifici che, al momento del sisma, non avevano i requisiti per essere utilizzabili a fini produttivi, in quanto collabenti, fatiscenti ovvero inagibili, a seguito di certificazione o accertamento comunale, per motivi statici o igienico-sanitari, o in quanto privi di impianti.

Nel caso di specie, a prescindere dalla situazione di fatto esistente (peraltro non conosciuta né documentata), l’edificio risultava al momento del sisma inagibile per ragioni igienico sanitarie certificate da un professionista.

La fattispecie appare dunque, e fatte salve diverse risultanze, riconducibile al paradigma normativo escludente di cui al citato art. 10.

Sotto altro aspetto, preme osservare che la possibile disparità di trattamento ravvisata dall’operatore economico con riguardo ai punti 5 e 6 della tabella presente nell’allegato 1 all’ordinanza n. 90/2020 non risulta evidente, tenuto anche conto delle argomentazioni addotte dall’USR.

Con la citata tabella, infatti, si è inteso ampliare l’ambito della contribuzione pubblica ai casi in cui lo stato di inagibilità (dichiarato ai fini della riduzione IMU) non sia attestato dalla certificazione del professionista o da un accertamento comunale (art. 10, comma 1, del D.L. n. 189/2016), ma risulti piuttosto dall’autocertificazione del contribuente.

Tale ultima evenienza, non espressamente assorbita dalla previsione escludente del citato art. 10, è stata disciplinata dal Commissario straordinario nel senso di consentire l’ammissione dell’edificio collabente al contributo pubblico, proprio perché lo stato di inagibilità (preesistente al sisma) dell’immobile danneggiato non risulta da una valutazione tecnico-professionale, ma da una dichiarazione del privato, come tale non direttamente sussumibile nella previsione ostativa del più volte citato art. 10, comma 1.

Tenuto conto delle predette considerazioni, si rileva che l’accoglimento dell’istanza di cui trattasi presenterebbe criticità sotto il profilo della compatibilità con la disciplina recata dal decreto Sisma, implicando un’allocazione delle risorse pubbliche non pacificamente coerente con il dettato normativo primario.