Ricostruzione chiese: esenzione pagamento occupazione suolo pubblico se impresa incaricata ha sede nel cratere

Oggetto: Quesito avente a oggetto l’applicazione del canone unico patrimoniale alle occupazioni di suolo pubblico effettuate per la ricostruzione degli edifici di culto danneggiati dagli eventi sismici del 2016.

Con quesito rivolto al Servizio Assistenza Sisma, il Sindaco di XXXXXXX  ha sollecitato la Struttura Commissariale a esprimersi in merito: a) all’imponibilità – ai fini del Canone Unico Patrimoniale – dell’occupazione del suolo pubblico necessaria per la ricostruzione della locale chiesa di XXXX ; b) in caso di risposta affermativa a tale interrogativo, in ordine all’individuazione del soggetto chiamato a sopportarne l’onere.

Per quel che emerge dagli atti, si tratta, nella fattispecie che ha originato il quesito in oggetto, di un edificio di culto di proprietà di un ente ecclesiastico, i cui lavori sono di importo inferiore alla soglia comunitaria, per la cui realizzazione il soggetto attuatore è da individuarsi nel medesimo ente ecclesiastico proprietario, in applicazione dell’ordinanza commissariale n. 105 del 2020.

Prima di esaminare la fattispecie sottoposta all’esame del S.A.S., si considera opportuna una breve disamina della disciplina del Canone Unico e, in particolare, delle disposizioni che ne disciplinano la soggettività passiva e ne delineano il regime delle esenzioni – in quanto strettamente correlate alle prime – per concentrarsi infine nell’ambito della ricostruzione degli edifici di culto danneggiati dagli eventi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016.

Occorre premettere che, a far data dal 1 gennaio 2021, la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020) – ha disposto, da una parte, l’abrogazione della disciplina inerente alla TOSAP e al COSAP – Tassa/Canone -per l’Occupazione di Spazi e Aree Pubbliche e, dall’altra, l’introduzione, in loro sostituzione, del c.d. Canone Unico Patrimoniale.

Il presupposto impositivo del Canone Unico – la cui disciplina di dettaglio viene demandata dalla legge ai regolamenti comunali – viene individuato nell’occupazione a qualsiasi titolo (anche sine titulo) di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile di Comuni e Province, che ne comporti l’effettiva sottrazione temporanea o permanente all’uso della generalità dei cittadini con consequenziale sacrificio della normale destinazione d’uso del bene, ad opera e utilitas, per fini propri dell’occupante.

Per quanto concerne la soggettività passiva del tributo, è opportuno precisare che l’art 1, comma 823, della legge 160/2019 dispone che: “Il canone è dovuto dal titolare dell’autorizzazione o della concessione ovvero, in mancanza, dal soggetto che effettua l’occupazione o la diffusione dei messaggi pubblicitari in maniera abusiva”. Il successivo comma 833 prevede numerose esenzioni, tra le quali rilevano in questa sede quelle previste dalla lettera a) ( “le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, città metropolitane, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato, da enti pubblici di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica).

In ordine al perimetro di tale esenzione, nella sostanza già prevista nella previgente disciplina, la Cassazione – con riguardo alla TOSAP – ebbe modo di chiarire che: “l’occupazione di aree del demanio comunale (nella specie, strada), effettuata da un imprenditore per l’esecuzione di un’opera pubblica appaltata dallo Stato, è esente dalla Tosap dovendo l’occupazione medesima, ai sensi e per gli effetti di tale norma, considerarsi sempre “effettuata dallo Stato”, sia se si pone l’accento sul rilievo che l’esecuzione dell’opera – quale adempimento dell’obbligo contrattuale – è compiuta dall’appaltatore “per conto dello Stato”, sia se lo si pone sull’altro, secondo cui è lo Stato committente, mediante l’attuazione della cosiddetta «consegna dei lavori» all’appaltatore, a dare, quantomeno, inizio all’occupazione stessa (Cass.. sent. n. 7197 del 30.5.2000)”;

Per poter fornire una risposta al quesito avanzato, la portata applicativa dell’esenzione in parola va coordinata con la disciplina dettata per la ricostruzione degli edifici – pubblici e privati – danneggiati o distrutti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.In particolare, per quanto di interesse, le disposizioni di rango primario e secondario hanno progressivamente ricondotto nell’alveo del diritto privato, al fine di semplificarne e accelerarne la realizzazione, gli interventi di ricostruzione, riparazione e ripristino delle chiese e degli edifici di culto – danneggiati dagli eventi sismici – di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti di interesse storico-artistico ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. All’esito di questo iter, l’art. 11, comma 3, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, con legge 11 settembre 2020, n. 120, novellando l’art. 15, comma 3-bis del decreto legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Decreto sisma), ha stabilito che i suddetti interventi “[…] di importo non superiore alla soglia comunitaria per singolo lavoro seguono le procedure previste per la ricostruzione privata sia per l’affidamento della progettazione che per l’affidamento dei lavori […]”.In attuazione della suddetta previsione legislativa, il Commissario Straordinario del Governo per la ricostruzione post-sisma 2016 ha riformato la disciplina de qua, mediante l’adozione dell’ordinanza n. 105 del 17 settembre 2020 – intitolata “Semplificazione della ricostruzione degli edifici di culto” – con la quale è stato altresì approvato l’elenco unico degli interventi ammessi a finanziamento – coi relativi importi, successivamente modificato per effetto del decreto commissariale n. 395 del 30 dicembre 2020.In considerazione del quadro normativo vigente, in alternativa all’affidamento diretto, sia le Diocesi sia gli Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti provvedono: a) “ad affidare l’incarico di progettazione e direzione dei lavori dell’intervento […] a un professionista iscritto nell’elenco di cui all’art. 34 del decreto legge 17 ottobre 2016, n. 189 sulla base del principio di rotazione e, ove ritenuto opportuno, di un proprio elenco di professionisti specializzati, in possesso dei predetti requisiti” (art. 2, comma 1), secondo le norme del libro IV del codice civile; b) a selezionare “[…] l’impresa affidataria dei lavori tra quelle iscritte all’Anagrafe di cui all’art. 30 del decreto Sisma secondo le regole della ricostruzione privata, ossia con affidamento diretto ai sensi dell’art. 6, comma 13, del decreto Sisma […]” (art. 3, comma 1).

Dopo la riforma del 2020, pertanto, non v’è dubbio sul fatto che gli interventi sugli edifici di culto di importo inferiore alla soglia comunitaria costituiscono a tutti gli effetti appalti di diritto privato e non appalti pubblici.

Dunque, come già argomentato nel parere reso dall’Ufficio del Consigliere giuridico della Struttura Commissariale del 13 aprile 2021, “la natura giuridica (privata) degli interventi di ricostruzione [delle chiese e degli edifici di culto] non è alterata dalla (e non diviene pubblica a causa della) circostanza che il finanziamento di tali interventi avviene a valere sui fondi commissariali relativi alla ricostruzione pubblica (art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 189 del 2016) e secondo la procedura pubblica di quantificazione e di concessione del contributo (e non secondo la procedura propria della ricostruzione privata), ivi compresa la procedura di cui all’art. 16 del decreto “Sisma” del 2016.

L’impossibilità di coprire di veste pubblicistica gli interventi in oggetto si traduce nell’inapplicabilità dell’esenzione dal Canone Unico di cui all’art. 1, comma 833, lett. a) della legge 160/2019, siccome trasfusa letteralmente nell’art. 49 del Regolamento comunale disciplinante il medesimo Canone.

Inoltre, non sembra poter trovare applicazione nel caso in esame l’altra ipotesi di esenzione prevista dal citato comma 833 a favore delle occupazioni effettuate “da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato”: la disposizione ora citata si riferisce evidentemente alle occupazioni di suolo pubblico che presentino un nesso di strumentalità diretto e immediato con l’esercizio del culto, ma non sembra riferibile anche alle occupazioni dovute alla cantierizzazione degli interventi di riparazione e di ricostruzione delle chiese e degli edifici di culto, che sono solo indirettamente finalizzate all’esercizio (futuro) del culto.

Deve poi evidenziarsi che la legge speciale, a prescindere dai casi di esenzione sopra esaminati, si è fatta carico sin dal 2018 del tema degli oneri della ricostruzione post-sisma connessi ai tributi locali in esame (legati evidentemente alla cantierizzazione degli interventi), prevedendo, con il comma 8-bis aggiunto nell’art. 6 del decreto-legge n. 189 del 2016 dall’art. 4 del decreto-legge n. 55 del 2018, l’inserimento “nel quadro economico relativo alla richiesta di contributo” per la ricostruzione privata delle “spese sostenute per tributi o canoni di qualsiasi tipo, dovuti per l’occupazione di suolo pubblico determinata dagli interventi di ricostruzione”. Il riferimento di tale disposizione alla sola ricostruzione privata e non anche a quella pubblica non implica che, nella ricostruzione pubblica, i costi di cui trattasi debbano rimanere a carico dell’impresa esecutrice dei lavori o del soggetto attuatore, atteso che, negli appalti pubblici, di regola il costo di tali tributi locali – ove dovuto e non esentato – è incluso nell’ambito del quadro economico dell’appalto, rientrando nel coacervo del finanziamento pubblico.

Se non possono trovare applicazione nel caso in oggetto le cause di esenzione di cui alla lettera a) del comma 833 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019, occorre tuttavia evidenziare che, con riguardo ai territori interessati dal sisma, l’art. 1, comma 997, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto un’esenzione dall’imposta comunale per la pubblicità (ICP), dal canone di autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), nonché dalla tassa di occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP) e dal relativo canone (COSAP), a decorrere dal 1 gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2020, per le attività con sede legale od operativa nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, colpiti dagli eventi sismici, ricompresi negli allegati 1, 2 e 2 bis al d.l. 189/2016.A mente dell’art. 1 comma 451, della legge 31 dicembre 2021, n. 234 (Legge di bilancio per il 2022), l’operatività di tale esenzione è stata estesa sino al 31 dicembre 2022. (tale proroga sgombra peraltro il campo da ogni dubbio in ordine alla riferibilità al nuovo Canone Unico del regime di esenzione dettato dalla legge n. 160 del 2019 per la Cosap e la Tosap).Al fine di delimitare il campo di applicazione dell’agevolazione de qua, si segnala che la Struttura Commissariale aveva già sottoposto all’esame del MEF un quesito proposto dal Comune di XXXX. In sostanza, si chiedeva se l’esenzione temporanea dovesse intendersi strettamente riferita al soggetto titolare per qualsiasi attività a esso inerente – dunque anche per l’occupazione di suolo derivante dall’attività di riparazione degli edifici commerciali e produttivi danneggiati – ovvero limitata “all’esercizio delle sole attività commerciali e produttive ordinarie, ossia non interdette dagli eventi sismici”.

Con parere reso in data 9 novembre 2020, il M.E.F. – Dipartimento delle Finanze – Direzione Legislazione Tributaria e Federalismo fiscale –  ha chiarito che “con il comma 997 in discorso è stata introdotta un’esenzione temporanea volta a tutelare tutte le attività produttive con sede legale od operativa nei territori colpiti dagli eventi sismici, senza effettuare alcuna distinzione tra le fattispecie che godono dell’agevolazione, fra cui possono pertanto rientrare anche le occupazioni effettuate dalle imprese che effettuano lavori di ricostruzione o ristrutturazione degli edifici”.

Nell’operare un raccordo tra l’esenzione dal Canone di cui al comma 997 della legge n. 145/2018 con la previsione di cui all’art. 6, comma 8-bis, del decreto Sisma, il M.E.F, con riferimento dunque alla ricostruzione privata, invita a verificare anzitutto la titolarità dell’atto di concessione o autorizzazione all’uso del suolo pubblico – ossia del legittimato passivo del canone unico patrimoniale:

  • se il soggetto obbligato coincide con l’impresa che effettua i lavori di ricostruzione e questa possiede i requisiti di cui al citato comma 997, il proprietario degli immobili oggetto di intervento di ricostruzione non deve richiedere il rimborso delle spese in questione in quanto esse non sono state sostenute per effetto dell’esenzione di legge”;
  • Se l’impresa che effettua i lavori di ricostruzione non ha, invece, la sede legale od operativa nei territori delle regioni interessati dal sisma e individuati dal citato comma 997 e quindi non beneficia dell’esenzione in parola, allora nella commisurazione del contributo di cui all’art. 6 rientrano le spese previste dal comma 8-bis, nei limiti del quadro economico dell’opera già oggetto di approvazione.

Viceversa, se il titolare dell’autorizzazione o della concessione è il proprietario dell’immobile da ristrutturare, occorre tenere conto della seguente distinzione:

  • Se gli immobili non sono destinati ad attività produttiva, si applica il disposto dell’art. 6, comma 8-bis;
  • Se gli immobili sono destinati ad attività produttive, il titolare della concessione già beneficia dell’esenzione di cui all’art.1, comma 997, della legge n. 145/2018.

Ad avviso di questa Struttura Commissariale, non emergono elementi tali per discostarsi dal contenuto del citato parere reso dal M.E.F., con l’ulteriore considerazione che, come è noto, in linea con la comune prassi applicativa, il soggetto passivo della ex Cosap-Tosap, nel caso di cantieri per la ristrutturazione, riparazione, ricostruzione di un immobile, anche residenziale, di proprietà privata (e, dunque, nel caso di lavori privati), è di regola l’impresa appaltatrice, la quale occupa con i propri ponteggi, strumenti operativi, macchinari, etc., porzioni di suolo pubblico necessarie e strumentali alla realizzazione dei lavori (e ciò anche se tale occupazione rinviene la sua causa indiretta nell’appalto ed è posta in essere nell’interesse del privato proprietario dell’edificio, per conto e su committenza del quale i lavori sono realizzati). In tutti questi casi, dunque, l’esenzione de qua potrà sempre trovare applicazione, con la sola condizione che l’impresa appaltatrice prescelta abbia sede legale o sede operativa nei territori del cratere.

Ma anche nel caso sia stata prescelta, per l’appalto, un’impresa con sede legale od operativa “fuori cratere” (e di conseguente non applicabilità dell’esenzione di cui al testé citato comma 997 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018) sussistono comunque ragionevoli margini di applicabilità dei meccanismi di rimborso dell’importo corrispondente al canone vuoi mediante applicazione analogica del sopra richiamato art. 6, comma 8-bis, del decreto-legge n. 189 del 2016 (ponendo l’accento sulla natura privata dell’appalto dei lavori degli edifici di culto “sotto soglia”), vuoi, invece, mediante inclusione dell’esborso per la Tosap-Cosap (oggi “Canone Unico”) nel computo complessivo del quadro economico dell’intervento, come avviene di regola nel caso di finanziamento pubblico dell’intervento, a valere sui fondi della ricostruzione pubblica (ove si ritenga di porre l’accento sul fatto che il recupero dei costi legati alla ex Cosap-Tosap si colloca nella seconda fase, quella pubblicistica, degli interventi sulle chiese e gli edifici di culto, che comprende l’approvazione del progetto in conferenza di servizi e l’assegnazione del contributo a valere sul fondo per la ricostruzione pubblica, piuttosto che nella prima fase, quella civilistica, che comprende la scelta della ditta e l’appalto dei lavori).

Si ritiene infine opportuno sottolineare che il comma 821, lett. f) della legge 160/2019 rimette alla potestà regolamentare dei Comuni l’individuazione di “ulteriori esenzioni o riduzioni rispetto a quella disciplinate dai commi da 816 a 847”; inoltre – per quanto rilevante ai fini della presente analisi – l’autonomia regolamentare dei Comuni è ulteriormente  corroborata dal successivo comma 832, il quale legittima i Comuni a prevedere riduzioni per le occupazioni “ […] d) per l’esercizio dell’attività edilizia”.Al riguardo anche la Corte dei conti (deliberazione n. 137/2017 resa dalla sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna con riguardo a una richiesta di parere formulata da un Comune che intendeva introdurre una fattispecie di agevolazione dalla TOSAP per le attività inerenti alla ricostruzione post sisma 2012) ha ritenuto legittime le “riduzioni tariffarie […] che trovino giustificazione nelle speciali e preminenti esigenze poste dalla necessità di favorire la ricostruzione post-sisma”.

Dunque, ferma restando l’esenzione per le imprese aventi sede legale od operativa nei Comuni del cratere, nell’esercizio della propria potestà regolamentare e in considerazione dell’indubbio valore assegnato dall’ordinamento alle esigenze della ricostruzione post-sismica, si ritiene che i Comuni siano legittimati a tipizzare, con propri regolamenti o con apposita modifica a regolamenti già esistenti – entrambi da approvare con deliberazione del Consiglio comunale –, esenzioni o agevolazioni fondate sull’esercizio dell’attività edilizia per la ricostruzione degli edifici di culto danneggiati o distrutti dagli eventi sismici.

In conclusione:

  • Le esenzioni speciali (lavori pubblici) previste dal comma 833 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019 non trovano applicazione per i lavori di riparazione e di ricostruzione delle chiese e degli edifici di culto nel cratere del sisma del 2016;
  • Si applicano, invece, le esenzioni previste dal comma 997 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018 (prorogate per l’anno 2022 dall’art. 1, comma 997, della legge n. 234 del 2021), purché l’impresa affidataria dei lavori abbia sede legale o sede operativa nei territori del cratere;
  • Se la Diocesi decide di avvalersi di un’impresa non avente sede legale od operativa nei Comuni del cratere, allora non si applica nessuna esenzione: il Canone Unico per l’occupazione del suolo pubblico è dovuto, ma il relativo costo può essere recuperato nell’ambito del finanziamento a valere sul quadro economico dell’opera, nei limiti degli importi già stanziati ai sensi degli elenchi allegati all’ordinanza n. 105/2020 e del decreto commissariale n. 395/2020;
  • In ogni caso i Comuni del cratere possono, con un apposito regolamento o con una modifica del regolamento esistente, individuare “ulteriori esenzioni o riduzioni”, purché motivate con riferimento alla necessità di favorire gli interventi edilizi di ricostruzione.

Il Consigliere Giuridico
Paolo Carpentieri

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