Oggetto: Chiarimenti su quesiti relativi all’applicazione delle norme sui contratti pubblici nella ricostruzione privata, nonché su subappalto, cottimo, soglia massima di ribasso e requisiti Soa.
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Sono sorti spesso dubbi interpretativi e prassi che tendono a confondere, nella ricostruzione privata, gli istituti del codice dei contratti pubblici con quelli civilistici invece applicabili.
Queste forme di confusione, o di ibridazione dei diversi ambiti normativi, determinano un disorientamento e una complicazione nelle attività degli uffici e degli operatori economici, dando vita ad una sorta di tertium genus non necessario e dai contorni incerti o occasionalmente definiti.
Occorre subito premettere che l’intera ispirazione che muove l’azione del Commissario straordinario, lungo la via della semplificazione e della certezza giuridica, è dettata dal convincimento della salvezza dei principi generali dell’ordinamento e delle partizioni consolidate del diritto positivo, ricorrendo alle fattispecie di “diritto speciale” solo nei casi strettamente necessari per la miglior cura degli interessi generali alla speditezza e all’ efficienza della ricostruzione.
Questa premessa di principio ci consente di poter affermare, con la dovuta chiarezza, che nella ricostruzione privata non sono applicabili gli istituti del codice dei contratti pubblici, approvato con il decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50, ma occorre invece applicare le norme del codice civile (capo VII, Titolo IV), del Testo unico dell’edilizia e della legislazione ordinaria di riferimento, fatte salve le norme speciali in tema di concessione del contributo e di disciplina degli interventi (art.12 decreto legge 189/2016, come novellato dal decreto 76/2020, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n.120).
Ciò vale, in particolare, per quanto concerne la disciplina degli appalti dei lavori, nelle diverse fasi e svolgimenti, per la quale gli Uffici speciali della Ricostruzione non devono attingere ai principi e alle regole del codice dei contratti pubblici.
Come noto, l’art. 6, comma 12, del decreto-legge 189/2016 stabilisce che: “Ferma restando l’esigenza di assicurare il controllo, l’economicità e la trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche, i contratti stipulati dai privati beneficiari di contributi per l’esecuzione di lavori e per l’acquisizione di beni e servizi connessi agli interventi di cui al presente articolo, non sono ricompresi tra quelli previsti dall’articolo 1, comma 2,del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 50/2016.”
Il principio è stato ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (civ. Sez. Unite, Ord. 31.10.2019, n. 28213) secondo cui “…da questo, discende che i lavori in discussione non sono pubblici, condizione quest’ultima che il D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, richiede invece come indispensabile per la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; 6. che la mancanza del carattere pubblicistico dei lavori esclude, quindi, radicalmente, la giurisdizione amministrativa”.
Si ribadisce che ciò vale per i diversi temi ricorrenti nella prassi, ossia, ad esempio, per gli istituti della qualificazione dei concorrenti, per le procedure di affidamento, per i criteri di scelta dell’offerta, per la disciplina dei raggruppamenti tra imprese, per l’avvalimento, per il subappalto.
Subappalto
Ciò vale, in particolare, per la disciplina del subappalto.
In particolare, l’art.31 del decreto legge 189/2016 stabilisce testualmente che: “ Nei contratti fra privati è possibile subappaltare lavorazioni previa autorizzazione del committente e nei limiti consentiti dalla vigente normativa. In tale ipotesi, il contratto deve contenere, a pena di nullità, la dichiarazione di voler procedere al subappalto, con l’indicazione delle opere e delle quantità da subappaltare. Prima dell’inizio delle lavorazioni deve essere in ogni caso trasmesso l’addendum al contratto di appalto contenente l’indicazione delle imprese subappaltatrici, le quali devono essere iscritte nell’Anagrafe di cui all’articolo 30, comma 6. Sono nulle tutte le clausole che dispongono il subappalto al di fuori dei casi e dei limiti sopra indicati.”( comma sesto).
L’art. 23 dell’ordinanza commissariale 19/2017, come modificato dall’art. 14, secondo comma, lett.g) dell’ordinanza 111/2020, a sua volta prevede che :“Nel caso di cui all’articolo 31, comma 6, del decreto legge, la volontà dell’impresa affidataria di subappaltare alcune lavorazioni speciali nel limite del 40% del costo ammissibile a contributo e l’autorizzazione del committente devono risultare espressamente dal contratto d’appalto. Quest’ultimo deve contenere l’indicazione delle imprese subappaltatrici, le quali devono essere iscritte all’Anagrafe antimafia di cui all’articolo 30 del decreto legge e in possesso di idonea qualificazione per le lavorazioni specialistiche, nonché l’importo dei lavori affidati.
Nell’ipotesi di cui al precedente comma 3, il subappalto non può essere affidato sulla base di ribassi maggiori del 20% sui prezzi del contratto di appalto, e il contratto di subappalto deve prevedere l’obbligo dell’impresa affidataria di provvedere, per ogni stato di avanzamento e per lo stato finale, al pagamento del subappaltatore entro 30 giorni dalla riscossione della relativa quota di corrispettivo. Il direttore dei lavori vigila sull’osservanza delle prescrizioni di cui al presente comma e ne attesta il rispetto con esplicita dichiarazione sullo stato di avanzamento lavori e sullo stato finale”.
Quanto al primo limite, non può disconoscersi che la nota sentenza della Corte di Giustizia dell’ Unione Europea, del 27 settembre 2019 , emanata su rimessione del giudice italiano, ha statuito l’incompatibilità con il diritto euro-unitario di qualsivoglia limite quantitativo generale al subappalto, non previsto dalle direttive europee del 2014, in quanto limitativo della libertà di organizzazione delle imprese (con l’ invito a perseguire il contrasto delle forme di criminalità in materia di appalti con altre adeguate misure).
Le forme e i modi di recepimento della sentenza della CGUE sono ancora oggetto di attenzione da parte del legislatore italiano che non è sin qui intervenuto con legislazione primaria.
Pertanto, come sopra evidenziato, nell’esercizio dei poteri previsti dall’art. 2 del decreto legge 189/2016 il Commissario Straordinario ha ritenuto, in attesa di disposizioni di recepimento da parte dello Stato italiano del principio formulato dalla CGUE, di uniformare le condotte con una regola generale, di modifica dell’ordinanza 19/2017, ai fini di una migliore chiarezza e speditezza nelle attività per la ricostruzione riguardante i danni gravi che possono essere più frequentemente oggetto di affidamenti di lavori in subappalto.
Soglia massima di ribasso.
Per quanto concerne invece il secondo limite, relativo alla soglia massima di ribasso del 20 per cento nei subappalti, su cui non si è formata giurisprudenza comunitaria, pur sussistendo le medesime ragioni di inopportunità della norma, di chiara derivazione pubblicistica, la valutazione circa la conferma del limite, per ragioni inerenti la salvaguardia dell’efficienza dei contratti ai fini degli interessi generali della ricostruzione, o l’abrogazione della stessa, resta nella competenza dei poteri del Commissario straordinario, ai sensi dell’ art.2 del decreto-legge 189/2016.
Cottimo
Anche per quanto concerne la questione del cottimo nella ricostruzione privata valgono le considerazioni svolte in tema di distinzione tra appalti pubblici e appalti privati per cui la disciplina applicabile non è quella stabilita dal codice dei contratti pubblici bensì quella rinvenibile nell’art. 2099 e ss. codice civile secondo cui “la retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito”.
Ne deriva che la vexata quaestio propria dei contratti pubblici non riguarda gli appalti privati sicché la posizione che limita il contratto di cottimo alla sola posa in opera, e non anche alla fornitura dei materiali e delle relative lavorazioni, resta definita nell’ambito dell’autonomia delle parti private.
Requisiti SOA per imprese associate in raggruppamento temporaneo d’impresa per l’esecuzione di lavori nella ricostruzione privata.
La materia, come più volte evidenziato dall’Ufficio Giuridico, attiene alla disciplina dei contratti pubblici e non alla ricostruzione privata. Si segnala tuttavia che l’art. 8, comma 5, lett. c) del d.l. 189/2016 stabilisce che “I lavori di cui al presente articolo sono obbligatoriamente affidati a imprese: …omissis… c) per lavori di importo superiore a 258.000 euro, che siano in possesso della qualificazione ai sensi dell’articolo 84 del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.
Tale disposizione risulta peraltro richiamata nell’allegato 2 all’ ordinanza commissariale n. 19/2017, recante “Schema contratto di appalto”. L’ estensione di un principio della disciplina pubblicistica agli interventi della ricostruzione privata ha ingenerato dubbi e incertezze nella prassi attuativa.
La questione principale concerne il possesso dei requisiti di qualificazione da parte delle imprese operanti nella ricostruzione privata, in particolare la questione viene posta con riguardo alle modalità di affidamento dei lavori ai raggruppamenti temporanei di imprese (ATI).
In taluni quesiti si chiede la possibilità di consentire ad imprese associate l’accesso ad appalti, per l’esecuzione di lavori di ricostruzione privata, per i quali non sarebbero singolarmente in possesso dei requisiti: conseguentemente, ai fini della partecipazione all’appalto, i requisiti singolarmente posseduti da ogni impresa associata si sommerebbero ai fini del raggiungimento dei requisisti previsti per appalto (in applicazione dei criteri di cui all’art. 48 c.c.p.). Si rappresenta anche il caso di poter ricorrere all’istituto dell’avvalimento, in difetto di requisiti da parte di un’impresa associata.
Queste diverse prospettazioni, volte ad applicare nella ricostruzione privata istituti tipici dei lavori pubblici, disciplinati dal d.lgs.18 aprile 2016, devono essere nettamente smentite.
La disciplina degli appalti pubblici è da intendersi come normazione speciale di diritto amministrativo rispetto al codice civile e si applica solo all’ ambito di riferimento espressamente previsto dall’art. 2 del d.lgs.18 aprile 2016, n.50. Il legislatore speciale del decreto legge 189/2016 ha distinto con nettezza gli ambiti di disciplina e di distinzione della ricostruzione pubblica e della ricostruzione privata con la sola eccezione della previsione di una qualificazione, di una speciale qualificazione delle imprese, a garanzia dei delicati e rilevanti interessi pubblici sottesi alla ricostruzione, anche privata, che richiedono comprovata esperienza e capacità tecnica e professionale delle imprese.
Non tutte le imprese possiedono i requisiti per i lavori da fare nella ricostruzione privata (ad esempio, per un bene culturale occorre la SOA in OG2; per gli impianti tecnologici la SOA in OG11; per le opere speciali la SOA in OS21; per strutture in acciaio la SOA in OS18A; per strutture in legno la SOA in OS32; per strutture prefabbricate in CAP la SOA in OS13; per il restauro di superfici decorate di pregio la SOA in OS2A; etc.).
Occorre pertanto concludere che, come prescritto dall’articolo 8, comma 5, lettera c), del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, come modificato dall’art. 6 (Revisione della soglia di obbligatorietà SOA ai sensi dell’articolo 84 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) della legge 24 luglio 2018, n. 89, nel caso di ricostruzione per interventi superiori alla soglia di 258.000 euro (soglia elevata dall’art.6 della legge 24 luglio 2018, n. 89), ciascuna singola impresa e, nei casi di associazione ai sensi del codice civile, ciascuna componente dell’ATI, deve necessariamente essere in possesso dell’attestazione SOA.
Si specifica che l’obbligatorietà dell’attestazione di qualificazione è connessa all’importo dei lavori, non alla singola quota di esecuzione (v. TAR Lazio, Roma, 14 gennaio 2019, n. 417).
Peraltro, anche secondo il Giudice amministrativo, ciò trova conferma nell’assunto che, diversamente opinando, si finirebbe per ammettere che qualsiasi appalto di importo superiore a detta soglia possa essere eseguito da tante imprese non qualificate, purché le stesse eseguano una quota di lavori inferiore ad euro 150.000 (ora 258.000 euro).
L’ Ufficio del Consigliere giuridico
Prof. Avv. Pierluigi Mantini
Cons. Paolo Carpentieri
Avv. Alessandro Jacoangeli