Ammissibilità a contributo per gli immobili merce non utilizzati alla data degli eventi sismici

L’USR Marche, con nota n. prot. 0028568 del 3 aprile 2020, ha sottoposto all’attenzione della S.V., al fine di garantire omogeneità di interpretazione su tutto il territorio colpito dagli eventi sismici occorsi a far data dal 24 agosto 2016, la questione del regime di ammissibilità a contributo dei così detti “immobili merce”, ossia degli “immobili danneggiati, ad uso abitativo o produttivo, in corso di costruzione o già realizzati con titolo edilizio chiuso, detenuti in proprietà da società immobiliari o imprese di costruzioni, che non costituiscono beni strumentali all’attività dell’impresa e non risultano utilizzati alla data degli eventi sismici”, ovvero “immobili posseduti da società – perché costruiti oppure acquistati – che non sono direttamente utilizzati dalle stesse ma sono destinati ad essere venduti o locati a terzi, alla cui produzione o al cui scambio, quindi, è diretta l’attività dell’impresa”.

L’USR Marche ha in proposito escluso l’applicabilità, per tali tipologie di immobili, della previsione dell’art. 6, comma 2, lettera e), del decreto-legge “sisma” n. 189 del 2016 e dell’art. 2, comma 2, lettera a) dell’ordinanza 9 gennaio 2017, n. 13, non risultando gli “immobili merce” adibiti all’esercizio dell’attività produttiva, né ad essa strumentali, né essendo sede di alcuna attività produttiva. L’USR Marche ha invece ritenuto che tali “immobili merce” siano assimilabili alle scorte e che pertanto per il ripristino di tali immobili sia concedibile il contributo previsto dall’art. 5, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 189 del 2016, ossia “un contributo pari al 60% del costo riconosciuto ammissibile a norma dell’art. 5, comma 4, della presente ordinanza“, come previsto dall’art. 14, comma 3, dell’ordinanza 9 gennaio 2017, n. 13 (Danni gravi alle attività produttive).

Più in particolare, ad avviso dell’USR Marche “dalle disposizioni appena richiamate, considerato che gli immobili merce costituiscono l’oggetto cui si rivolge l’attività dell’impresa che li produce e/o li scambia, . . . si ritiene coerente il loro inquadramento nella categoria delle “scorte”, come definite all’articolo 2 comma 5 lettera c) dell’Ordinanza 09/01/2017 n. 13 e a condizione che, alla data degli eventi sismici, tali immobili risultino inseriti nelle scritture contabili o nel libro inventario”.

La tesi dell’USR Marche, pur in un quadro giuridico che non sembra ancora offrire una sicura classificazione ai suddetti “immobili-merce”, appare condivisibile. Essa conduce fino alle estreme conseguenze l’assimilazione degli immobili invenduti delle imprese edili agli stock di merce di magazzino, similitudine introdotta soprattutto in ambito tributaristico, che trova peraltro possibili riscontri anche nella prassi più diffusa di appostazione contabile nei bilanci aziendali di tale peculiare tipologia di bene.

Sotto un primo profilo, è infatti noto che i così detti “immobili merce” sono stati presi in considerazione dalla legge soprattutto (se non esclusivamente) a fini fiscali. La legge di bilancio per l’anno 2020 – legge 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, comma 751 – ha previsto, a fini IMU (imposta che ha sostituito la abolita imposta unica comunale di cui all’articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), che “Fino all’anno 2021, l’aliquota di base per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, è pari allo 0,1 per cento. I comuni possono aumentarla fino allo 0,25 per cento o diminuirla fino all’azzeramento. A decorrere dal 1° gennaio 2022, i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall’IMU”. Giova ricordare che, prima della citata riforma, gli “immobili merce” in oggetto erano stati esentati dall’IMU per effetto della disposizione di cui all’art. 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ma al contempo su tali beni poteva applicarsi, a decorrere dal 2014, il tributo per i servizi indivisibili (TASI), come disposto dal comma 678 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (comma che era stato ben due volte modificato, dapprima dall’art. 1, comma 14, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che aveva previsto per tale fattispecie l’aliquota ridotta allo 0,1 per cento e la possibilità per i comuni di modificarla, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all’azzeramento, e poi dall’art. 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, il quale aveva stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l’esenzione anche dalla TASI per i suddetti i fabbricati, tributo poi eliminato a seguito della riforma recata dalla legge di bilancio 2020). Su queste tematiche è di recente intervenuto il Ministero dell’economia e delle finanze con la risoluzione n. 7 del 6 novembre 2020 in tema di dichiarazioni IMU concernente gli immobili merce, che però non fornisce ulteriori elementi interpretativi utili ai fini della soluzione del quesito in esame.

Sotto il secondo profilo, risulta che, di regola, tali immobili invenduti sono contabilizzati alla voce “CI” dello stato patrimoniale, ai sensi dell’art. 2424 del codice civile, nell’attivo circolante, alla stregua delle rimanenze di magazzino, lettera C), I (Rimanenze), o nelle C.I.2 (prodotti in corso di lavorazione) e C.I.4 (prodotti finiti e merci), mentre nel conto economico, ai sensi dell’art. 2425 codice civile, sono inscritti alle seguenti voci: A2 (variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e prodotti finiti), B.11 (variazione delle rimanenze di materie prime sussidiarie, di consumo e di merci). Ad essi si applicano come criteri di valutazione quelli di cui all’art. 2426, comma 1, n. 9, del codice civile, relativi alle rimanenze di magazzino.

Sulla base di questi indici interpretativi, ancorché parziali e non del tutto risolutivi, appare possibile accedere alla tesi suggerita dall’USR Marche, tenuto conto del fatto che questi “immobili-merce” potrebbero essere inquadrabili nella previsione dell’art. 2, comma 5, lettera c), dell’ordinanza 9 gennaio 2017, n. 13, che chiarisce che “per “scorte” e “prodotti in corso di maturazione” si intendono le materie prime e sussidiarie, i semilavorati e i prodotti finiti connessi all’attività dell’impresa.

 

L’Esperto Giuridico                                                Il Consigliere Giuridico

Paolo Carpentieri                                                        Pierluigi Mantini

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