Note sintetiche di lettura “Testo unico della ricostruzione privata”

Premessa

Il “Testo unico della ricostruzione privata”, oggetto delle presenti note illustrative e di commento, costituisce solo una bozza ricognitiva delle ordinanze commissariali in vigore, riclassificate secondo criteri nuovi e più attuali, con alcune innovazioni di contenuto.

All'esito della fase di consultazione, tenendo conto delle osservazioni che perverranno, il Commissario straordinario e la Cabina di coordinamento, istituita ai sensi dell’art.1, quinto comma, del decreto Sisma, provvederanno alle correzioni, modifiche e integrazioni, necessarie, opportune e condivise.

La finalità del Testo unico è quella di semplificare e rendere più agevole per tutti, ed in primo luogo per gli operatori della ricostruzione, la consultazione delle disposizioni delle ordinanze succedutesi nel tempo, abrogando quelle non più attuali o superate dai fatti o dai mutamenti normativi intervenuti, ed innovando ai fini della maggiore efficienza ed efficacia della ricostruzione.

Restano salvi gli effetti giuridici prodotti dalle ordinanze commissariali, che saranno abrogate o modificate, per i rapporti pendenti, secondo i principi dell’ordinamento.

Il Testo indica in appendice, ma non riporta in forma estesa, gli allegati, che sono riclassificati secondo la nuova partizione e che potranno essere suscettibili di modifiche o aggiornamenti, ove necessario con l'assenso delle parti coinvolte, solo in esito alla conclusione della fase di consultazione.

Il Testo unico definitivo recherà la numerazione progressiva degli articoli.

Relazione illustrativa della Parte Prima

La Parte I, con il titolo I, è dedicata ai principi generali, alle definizioni comuni, alle abrogazioni e al regime transitorio.

Si tratta di una parte nuova e innovativa, non presente in via generale nelle ordinanze del passato, che traccia un po' una sintesi, una “visione” della ricostruzione, delineando principi e finalità in modo chiaro e comprensibile.

La ricostruzione si basa su un modello di governo multilivello e su una visione unitaria degli interventi nel territorio colpito dal sisma, e persegue i fini           della messa in sicurezza degli edifici e del territorio, della sostenibilità ambientale, dell’efficientamento energetico, della qualità architettonica e della tutela e valorizzazione del patrimonio storico-artistico e del paesaggio.

Si precisa che ai fini dell’interpretazione, e ciò è di notevole rilievo per la soluzione dei casi dubbi, la ricostruzione è retta dai principi di speditezza e semplificazione amministrativa, nonché di legalità, imparzialità, efficienza, economicità, partecipazione e trasparenza dell’azione amministrativa.

Un' altra precisazione importante, che deriva dalla legge speciale, ribadisce la natura cogente delle disposizioni decise con ordinanza commissariale poiché “le regole ed i criteri per la pianificazione, la progettazione e la realizzazione degli interventi della ricostruzione, stabiliti dal presente Testo unico, sono vincolanti, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. b) del decreto Sisma, per tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel processo di ricostruzione. Ciò deve essere tenuto presente da tutti gli attori della ricostruzione, pubblici e privati.

Per la prima volta, vengono ben definiti gli scopi e i fini, con la chiara affermazione secondo cui “la ricostruzione persegue le finalità sociali della messa in sicurezza degli edifici e del territorio, dello sviluppo economico sostenibile, dell’economia circolare, della connessione digitale, dell'attrattività abitativa   dei comuni delle aree interne. Persegue altresì i valori della conservazione delle identità paesaggistiche, storiche e artistiche dei luoghi e delle innovazioni finalizzate alla promozione della qualità architettonica secondo i canoni della contemporaneità.”

Non sono parole di circostanza. Con esse si afferma una visione della ricostruzione strettamente integrata con lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica, centrali nella nuova stagione dell'attuazione del Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, e si indica la direzione della salvaguardia delle identità naturali e storiche dei luoghi colpiti dal sisma nell'orizzonte del terzo millennio, secondo i canoni della contemporaneità.

Non solo attenzione per il passato ma anche per il futuro, non solo ricostruzione fisica dell’urbs ma anche della civitas, invertendo i processi di abbandono delle aree interne.

Con l'art. 3, si è ritenuto utile anticipare, in via generale, il principio giuridico fondamentale della ricostruzione edilizia e urbanistica, che sarà meglio specificato in seguito, secondo cui i titoli edilizi della ricostruzione privata sono la segnalazione certificata di inizio attività (di seguito, Scia o Scia edilizia) per gli interventi conformi di cui al Capo V, Parte II del Testo unico, e il permesso di costruire nei casi previsti.

La Scia edilizia attesta lo stato legittimo dell’edificio preesistente e la conformità dell’intervento alle norme edilizie vigenti, a condizione che detti interventi siano diretti alla realizzazione di edifici conformi a quelli preesistenti quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico e configurazione degli esterni, fatte salve le modifiche planivolumetriche e di sedime necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica igienico-sanitaria e di sicurezza, nonché per ragioni di efficientemente energetico. Si pone con nettezza il principio di “conformità” dell'intervento all' edificio preesistente (ove non abusivo) e non già alle norme e alle varianti dei piani urbanistici, trattandosi non di costruzione ma di “ricostruzione”. Si tratta di un passaggio culturale molto innovativo e assai rilevante anche ai fini della semplificazione burocratica, che libera l'istruttoria da molti adempimenti inutili.

Si stabilisce inoltre che questi interventi, ivi compresi quelli di ristrutturazione con totale demolizione e ricostruzione  nelle zone A (centri storici) del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, possono essere realizzati immediatamente, senza la preventiva approvazione di nuovi piani urbanistici, salvo che nei casi di delocalizzazione o di impedimenti   derivanti dalla inclusione in aggregati edilizi non ancora definiti, nonché nei casi espressamente definiti di salvaguardia con delibera di Consiglio comunale. Anche questa costituisce una notevole innovazione rispetto alla regola (frenante) del passato secondo cui era vietato l'intervento edilizio prima dell'approvazione del piano urbanistico attuativo (sono assai pochi quelli in corso a cinque anni dal sisma), piani attuativi che ora divengono “facoltativi" e utili solo nel caso di delocalizzazioni o impegno di nuovo suolo.

Sempre ai fini di semplificazione amministrativa, gli interventi, ma solo se conformi al preesistente, sono realizzati in deroga alle disposizioni dei piani urbanistici comunali e territoriali e sono esclusi dall’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149, comma 1 della lettera a) del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nonché dell’art. 2 del D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31. Sono invece esclusi, fino  alla definizione, se favorevole, delle eventuali domande di sanatoria pendenti, gli interventi su edifici che presentano abusi gravi, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in assenza di preventiva sanatoria. Si intendono per “abusi gravi” quelli non compresi nelle ipotesi di cui all’articolo 1-sexies, comma 1 e comma 6, del decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2018, n. 89.

In questo modo è stato correttamente risolto un altro nodo che impediva la speditezza della ricostruzione, con gravi complicazioni per i professionisti tecnici e gli uffici: solo gli abusi più gravi arrestano il rilascio del contributo e del titolo edilizio, se non risolti.

Oltre gli interventi conformi realizzati con SCIA, che costituiscono la grande maggioranza della ricostruzione, sono realizzati previo rilascio del permesso di costruire gli interventi che determinano aumenti di volumi o di superfici rispetto agli edifici preesistenti, lievi modifiche della sagoma negli edifici ubicati nelle zone A, e nuove costruzioni, anche a causa di delocalizzazioni, secondo quanto previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

In modo assai netto viene infine affermato che a tutti gli interventi edilizi, in tutti i comuni del cratere, e non solo a quelli maggiormente colpiti, si applicano le norme di semplificazione dell’art. 12 del decreto Sisma, in quanto norme speciali e prevalenti rispetto alla disciplina del Testo unico dell’edilizia approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. È stata una conquista molto importante ottenuta dal legislatore per consolidare la semplificazione amministrativa.

All'art. 4 vengono indicate le “definizioni comuni" ricorrenti in tutto il Testo unico, per favorire una lettura più semplice e ordinata delle diverse disposizioni. Si tratta di una novità assai utile per unificare l'interpretazione su basi certe e più comprensibili.

Con l’art. 5, di fondamentale rilievo, vengono indicate tutte le ordinanze abrogate e quelle abrogate parzialmente. Un quadro più preciso e completo sarà fatto all' esito delle consultazioni.

Naturalmente, nella maggior parte dei casi, queste ordinanze sono sussunte nel Testo unico, integralmente o con parziali modifiche, e riclassificate in capi e titoli. Solo al termine delle consultazioni sarà possibile procedere a modifiche o riforme più incisive.

Risulta ben chiaro che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi nonché i rapporti giuridici sorti sulla base delle ordinanze abrogate.

Ed infatti ai procedimenti relativi alle domande presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del Testo unico e già avviate alla predetta data continuerà ad applicarsi la disciplina relativa agli interventi di riparazione, consolidamento, adeguamento sismico e ricostruzione, anche previa demolizione, contenuta nelle ordinanze commissariali abrogate

Per le domande pendenti è comunque ammessa la facoltà, su domanda dell’avente titolo, di aderire alla procedura semplificata per la realizzazione degli interventi di ricostruzione privata con SCIA edilizia, secondo le procedure semplificate previste dal Testo unico.

Relazione illustrativa della Parte Seconda

La Parte Seconda è dedicata alla disciplina generale della domanda di contributo, con un’attenzione particolare alle disposizioni relative all’iter istruttorio della pratica e alla misura del contributo.

All’interno del Titolo I offre una lettura delle disposizioni secondo una nuova classificazione organica e logica della materia, suddividendone la disciplina in 9 Capi -ciascuno con rispettivi titoli e articoli- tematicamente dedicati a: soggetti beneficiari del contributo, oggetto del contributo e interventi ammissibili, misura del contributo, contenuti della domanda e programmazione dei termini per la presentazione, procedimento e istruttoria delle pratiche con il successivo e corrispondente capo dedicato alla fase ai controlli, disciplina delle conferenze di servizi permanente e regionale, udienza pubblica e partecipazione dei cittadini.

Il Capo I rubricato “I soggetti beneficiari e i requisiti” contiene 6 articoli.

L’articolo 1 delinea l’ambito di applicazione delle norme ai fini dell’ammissibilità a contributo, in particolare, con riferimento alle caratteristiche di inagibilità ovvero inutilizzabilità degli immobili adibiti ad uso abitativo o ad attività produttiva, danneggiati a seguito degli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Il successivo articolo 2 concorre a definire i requisiti dei soggetti che possono beneficiare del contributo previsto dalla norma e chiarisce le condizioni soggettive richieste dalla legge ai fini della valida presentazione di richiesta e ammissibilità a contributo da parte dei soggetti interessati ad accedere al contributo per la ricostruzione. Gli articoli 3 e 4 disciplinano le possibili casistiche di mutamenti e variazioni riguardanti i soggetti richiedenti; in particolare, l’articolo 3 disciplina l’ipotesi in cui, prima della presentazione della domanda e della richiesta di ammissione a contributo, subentrino modifiche soggettive nella titolarità dell’immobile oggetto dell’intervento quali ad esempio trasformazione, fusione, scissione ovvero cessione dell'azienda o di un ramo d'azienda dell'impresa titolare dell'edificio distrutto o danneggiato dagli eventi sismici. L’articolo 4 disciplina, invece, l’ipotesi in cui, nella fase successiva alla richiesta di contributo, si registrino mutamenti del soggetto richiedente e detta le norme relative al mantenimento dei requisiti di ammissibilità richiesti dalla legge durante tutto il periodo in cui il soggetto è tenuto al rispetto degli obblighi assunti dal beneficiario originario e degli impegni derivanti dalla concessione del contributo. L’articolo 5 stabilisce le specifiche modalità attraverso le quali possono essere richiesti i contributi per la ricostruzione di edifici che al momento degli eventi sismici erano nella disponibilità di un'impresa sulla base di un contratto di leasing, con specifico riferimento sia alla richiesta di contributi relativi agli interventi di miglioramento sismico che alla domanda di contributo relativa agli interventi di demolizione e ricostruzione. L’articolo 6, infine, disciplina le condizioni richieste dalla legge affinchè l'alienazione del diritto su un immobile adibito all'esercizio di attività produttive non comporti la perdita del diritto al contributo, sia nel caso in cui l'alienazione del diritto su un immobile adibito all'esercizio di attività produttive intervenga in data antecedente alla presentazione della domanda sia nel caso in cui avvenga dopo la presentazione della domanda di contributo e comunque fino ai due anni successivi alla fine dei lavori.

Il Capo II rubricato “L’oggetto del contributo” è suddiviso in 7 Sezioni, ciascuna contenente gli articoli rispettivamente dedicati.

La Sezione I reca le disposizioni generali disciplinando all’articolo 1 la tipologia degli interventi ammessi a contributo per la ricostruzione degli immobili distrutti ovvero per il ripristino con miglioramento o adeguamento sismico di quelli gravemente danneggiati, secondo i differenti livelli operativi previsti e prevedendo, al successivo articolo 2, la concessione dei predetti contributi altresì per l'acquisto, nello stesso comune, di edifici aventi caratteristiche equivalenti a quelli dichiarati inagibili che non possono essere ricostruiti nello stesso sito o migliorati sismicamente. L’articolo 3 disciplina l’ammissibilità a contributo per gli interventi di ripristino con miglioramento sismico o di ricostruzione per gli edifici localizzati in zone rurali, sia ad uso abitativo che per quelli destinati ad attività agricola; l’articolo 4 definisce le condizioni per poter modificare il numero di unità immobiliare che compongono gli edifici danneggiati o distrutti, al momento della presentazione del progetto per gli interventi di ripristino e l’articolo 5 disciplina le tipologie di interventi finanziabili per le attività produttive e le finalità per le quali si prevede l’ammissibilità a contributo delle unità produttive distrutte o danneggiate, prevedendo al successivo articolo 6 la progettazione unitaria degli interventi di miglioramento o adeguamento sismico nonché di riparazione e rafforzamento locale per i danni gravi i relazione al concorso di eventuali risorse finanziarie aggiuntive rispetto al contributo di cui al decreto Sisma. L’articolo 7 detta, infine, i limiti di ammissibilità, le condizioni e la misura del contributo concesso a favore delle pertinenze degli edifici distrutti o danneggiati dal sisma.

Nell’obiettivo di utilizzare al meglio il contributo concesso e di ripartirlo correttamente secondo il principio del “costo parametrico ponderale” mirando ad un livello di sicurezza “uniforme”, la Sezione II è dedicata agli aggregati edilizi e agli interventi unitari come meglio definiti ai sensi dell’articolo 8 che in tal senso provvede a dare ogni ulteriore definizione utile anche rispetto alle diverse tipologie di intervento unitario.

L’articolo 9 detta la specifica disciplina predisposta per l’intervento unitario previsto per la ricostruzione degli aggregati edilizi di cui alla definizione del precedente articolo, mentre il successivo articolo 10 disciplina il contributo ammesso per le ulteriori tipologie di interventi unitari, diversi e ulteriori rispetto agli aggregati edilizi; completa la disciplina generale in materia l’articolo 11 che specifica e descrive ogni ulteriori semplificazioni procedurale specificatamente prevista nel generico ambito riguardante gli interventi unitari. L’articolo 12 prevede l’ammissibilità a procedere, al pari degli aggregati edilizi e a determinate condizioni, alla progettazione dell’intervento unitario anche su due soli edifici danneggiati, contigui e/o strutturalmente e/o funzionalmente interconnessi e, sulla scorta dei precedenti articoli, l’articolo 13 disciplina le ulteriori forme associative ammesse per la gestione congiunta di fasi del processo connesso alla realizzazione degli interventi di riparazione o ricostruzione degli edifici. All’intervento edilizio unitario può infatti procedersi anche in presenza di soli due edifici danneggiati strutturalmente e/o funzionalmente interconnessi. In tale ipotesi, diversa dalla fattispecie dell’aggregato edilizio, non si applicano le maggiorazioni e gli incrementi di contributo e non è necessaria la costituzione del consorzio (sempre facoltativo). E’ importante però che tale tipologia di interventi, su base volontaria, sia il risultato di una volontà unanime dei soggetti legittimati; volontà che nel caso di edifici soggetti alle regole del condominio è espressa dal rappresentante comune dell’edificio medesimo.

L’articolo 14 riguarda la procedura per gli interventi di recupero o di ricostruzione che coinvolgono interi aggregati edilizi nel caso in cui gli stessi siano ubicati nei centri storici e nei nuclei urbani e rurali, mentre l’articolo 15 riguarda l’ulteriore ipotesi in cui l’aggregato edilizio oggetto di intervento presenti collabenti, su cui gli interventi di ricostruzione, ripristino o demolizione risultino indispensabili per assicurare l'agibilità strutturale dell'intero aggregato. L’articolo 16 definisce il perimetro degli interventi diretti comprendenti più edifici, tra loro strutturalmente interconnessi e costituenti una UMI o un aggregato edilizio e l’articolo 17 detta la disciplina e i criteri di calcolo dell’importo del contributo concedibile per gli interventi di ricostruzione di interi compendi immobiliari nell’ipotesi in cui il comune territorialmente competente riconosca l’interesse pubblico dell’intervento.

Dunque, nella disciplina del calcolo del contributo per la ricostruzione di compendi immobiliari è stata introdotta un’importante semplificazione in tema di ricostruzione unitaria di complessi edilizi e compendi immobiliari particolarmente complessi (art.1, ordinanza commissariale n.111 del 2020). Risulta infatti colmato un precedente vuoto normativo rispetto alla determinazione del contributo concedibile in presenza di una ricostruzione di edifici, costituenti un intero compendio immobiliare, per tale intendendosi “…un insieme di più edifici, non necessariamente interconnessi ma contigui dal punto di vista geografico e funzionale, all’interno di un tessuto urbanistico- edilizio compreso in un unico perimetro, quale una porzione di abitato costituita da uno o più isolati o un intero nucleo urbano, per i quali si renda necessario un intervento unitario, anche con eventuale modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”. In tale eventualità, la decisione di ricostruire o riedificare un intero lotto con modalità che conducono ad edifici nuovi e diversi dallo stato ante sisma è la risultante di un percorso condiviso con le autorità pubbliche preposte al controllo edilizio del territorio ed, in particolare, del comune territorialmente competente che, tramite proprio provvedimento, accerta, preventivamente l’interesse pubblico dell’intervento previsto, anche a seguito di iniziativa privata. Nel costo degli interventi di cui al precedente paragrafo sono considerati ammissibili quelli di urbanizzazione primaria indispensabili alla fruizione degli edifici, eseguiti sull’area di sedime di proprietà del soggetto beneficiario, nonché ogni altra spesa, per interventi all’interno della medesima area, indispensabile a garantire l’allaccio delle utenze relative ai servizi ambientali, energetici, telematici e di telefonia, fino al collegamento con le derivazioni pubbliche e l’importo del contributo concedibile per la realizzazione dell’intervento è il minore tra il costo dell’intervento e il costo convenzionale potenziale ovvero, qualora a sua volta inferiore, il costo convenzionale di progetto, secondo le rispettive definizioni.

Inoltre, poiché per l’esecuzione degli interventi unitari sugli aggregati edilizi i proprietari devono necessariamente adempiere all’obbligo di costituirsi in un consorzio (che non corrisponde alla fattispecie di cui agli articoli 2602 c.c. e ss.), l’articolo 18 disciplina la procedura di costituzione dei consorzi obbligatori, la previsione dell’intervento sostituivo del comune ai proprietari assenti, irreperibili o dissenzienti per la sottoscrizione dell’atto (al fine di raggiungere il quorum necessario), nell’ipotesi in cui non sia raggiunta la maggioranza assoluta, in termini di superficie utile, necessaria a costituire il consorzio (soggetti sottoscrittori non rappresentativi di almeno il 51% della superficie utile dell’aggregato) e la misura del contributo concedibile per detti interventi determinato in relazione al livello operativo ponderale attribuito agli edifici facenti parte dell’aggregato. Resta fermo che il contributo ammissibile è dato dal minore importo tra il costo ponderale ed il costo dell’intervento risultante dal computo metrico dichiarato congruo dall’ufficio della ricostruzione, ovvero autocertificato dal professionista incaricato qualora il costo convenzionale dell’intervento, al netto dell’Iva, rientri nelle soglie previste (art.3, ordinanza commissariale n. 100 del 2020).

La Sezione III si occupa precipuamente della disciplina generale specifica del condominio e della relativa presentazione della domanda in relazione alla tipologia degli interventi ammessi. L’articolo 19 riguarda la legittimazione a presentate la richiesta di contributo da parte degli edifici condominiali; l’articolo 20 disciplina l’ipotesi in cui la domanda di contributo sia presentata da un solo comproprietario o da un unico soggetto a tal fine legittimato ai sensi della legge; l’articolo 21 disciplina la presentazione della domanda di contributo con le modalità attuative di cui all’articolo 8, comma 1-bis, del decreto Sisma e l’articolo 22 riguarda le condizioni per il riconoscimento del contributo a favore dei condomini che risultino registrati ai fini fiscali. L’articolo 23 definisce le modalità di calcolo del contributo per gli interventi edilizi di riparazione e demolizione e ricostruzione riguardanti i condomini ovvero un singolo edificio composto da più unità immobiliari, l’articolo 24 elenca i criteri per la determinazione dei costi ammissibili a contributo relativamente agli interventi approvati dal condominio e l’articolo 25 perimetra la portata derogatoria delle disposizioni in materia rispetto alle disposizioni generali di cui al codice civile.

La Sezione IV si occupa di disciplinare la casistica relativa a ruderi, collabenti ed ulteriori tipologie residuali di edifici non ammessi a contributo, dedicando l’intero articolo 26 alla disciplina della sussistenza delle specifiche condizioni di legge in conseguenza delle quali non sono ammessi a contributo in particolare gli edifici che non avevano alla data del sisma i requisiti di ordine statico ed igienico-sanitario per essere agibili e utilizzabili a fini abitativi o produttivi; l’articolo 27 approva, in tal senso, specifiche Linee guida, allegato parte integrante e sostanziale del Testo unico, ai cui contenuti rinvia per ogni migliore ed aggiornato dato informativo.

La Sezione V riguarda le delocalizzazioni. Le ordinanze commissariali che si sono succedute a partire dal 2016 hanno ammesso - in alternativa all’esecuzione degli interventi di rafforzamento sismico locale, di miglioramento sismico ovvero di ricostruzione degli immobili danneggiati o distrutti dagli eventi sismici del 2016 – la possibilità di procedere alla delocalizzazione degli edifici a uso abitativo e produttivo.

Il Testo unico sulla ricostruzione privata ha recepito i principi condensati nelle ordinanze commissariali.

Nello specifico, per quanto riguarda la delocalizzazione degli edifici abitativi, l’art. 28 ammette a contributo la demolizione degli edifici a uso residenziali – classificati con livelli operativi L1, L2, L3 e L4 - e la ricostruzione in altro terreno dello stesso Comune, previo parere favorevole del Comune e degli enti preposti alla tutela dei vincoli (c.d. delocalizzazione volontaria); al contempo, quantifica il costo ammissibile a contributo in misura pari al minore importo tra il costo dell’intervento di nuova costruzione e al costo convenzionale relativo al livello operativo e alla superficie complessiva dell’edificio oggetto di demolizione.

La delocalizzazione si rende, invece, obbligatoria nei casi in cui gli interventi di ripristino con miglioramento sismico coinvolgano edifici ubicati in aree caratterizzate da dissesto idro-geomorfologico o suscettibili di instabilità sismoindotta, così come risultanti dalle cartografie ufficiali. In tali casi, il vice Commissario territorialmente competente può autorizzare la ricostruzione in altri siti non pericolosi oppure l’acquisto di un immobile equivalente - conforme alla normativa edilizia, urbanistica e sismica - nel territorio dello stesso Comune o in un Comune confinante, previo assenso dei Comuni interessati. Il contributo massimo concedibile per l’acquisto è pari al minor importo tra il prezzo d’acquisto dell’edificio – risultante da perizia asseverata – e il costo parametrico previsto per il livello operativo L4 (art. 31; art. 32, comma 3 del presente Capo)

Per quanto riguarda le attività produttive, al fine di garantirne la ripresa e la piena funzionalità, è previsto un contributo pari al 100% del costo ammissibile – come individuato dall’art. 15 del successivo Capo III- per l’acquisto, all’interno dello stesso Comune, di interi immobili ove delocalizzare definitivamente l’attività produttiva.

Ammissibili altresì a contributo – nella forma del finanziamento agevolato - sono gli interventi di adeguamento funzionale ed edilizio funzionali a rendere definitive le strutture temporanee realizzate in sostituzione degli immobili – distrutti o danneggiati dal sisma e dichiarati inagibili – destinati al ricovero provvisorio del bestiame. In particolare, possono beneficiare del contributo i titolari di imprese agricole e zootecniche, assegnatari di strutture provvisorie realizzate ai sensi delle ordinanze della Protezione Civile 393, 394 e 396 del 2016 e dell’ordinanza commissaria n. 5/2016.

La presentazione della domanda finalizzata a ottenere tali contributi comporta la rinuncia alla ricostruzione degli impianti originari e alla loro delocalizzazione definitiva; in ogni caso, l’erogazione del contributo è subordinata alla demolizione del manufatto originario.

Ciò nondimeno, ove l’intervento di adeguamento dovesse risultare antieconomico e non sufficiente a garantire la funzionalità duratura della struttura per il ricovero del bestiame, possono essere ammessi a contributo gli interventi di ricostruzione definitiva di altre strutture di superficie uguale a quella della struttura temporanea, - nell’area di sedime di quest’ultima o in altra proprietà - previa rimozione della stessa.

La Sezione VI si occupa della normativa inerente gli edifici misti pubblico-privato disciplinando all’articolo 37 i criteri e le modalità di ammissibilità a contributo degli interventi riguardanti edifici a destinazione abitativa, contenenti unità immobiliari di proprietà mista, pubblica e privata.

In particolare, alla luce delle complessità e delle criticità più volte denunciate dalle amministrazioni e rilevate nella prassi, attraverso il Testo unico si intende fornire una semplificazione pratica della complessa disciplina relativa alle modalità operative degli interventi su “proprietà mista", restituendo il dovuto valore ai principi di “prevalenza e di unitarietà” dell'intervento affermati dalle vigenti ordinanze. In virtù del principio di unitarietà del progetto, in definitiva, il costo effettivo dell’intervento si determina sulla base dell’approvazione del progetto ai sensi dell’articolo 15 del decreto Sisma e delle risultanze di gara: ove la parte pubblica risulti prevalente, il finanziamento dell’intervento sarà previsto a valere sulla contabilità speciale di cui all’art. 4 del medesimo decreto Sisma, sulla base dei provvedimenti previsti dall’ordinanza n.61/2018 anche a seguito di una ricognizione degli interventi relativi ai casi accertati di “proprietà mista”.

L’obiettivo è chiarire che il criterio della distinzione delle fonti di finanziamento del contributo concedibile, può essere legittimamente soddisfatto attraverso la contabilità speciale di cui all'art.4 del decreto Sisma, ai sensi dell'art.5 dell’ordinanza 61/2018.

Dunque, nei casi di “proprietà mista", ove la parte pubblica risulti "prevalente", la procedura è quella prevista per gli interventi pubblici (art. 14 e seguenti del decreto Sisma), con conseguente attrazione nell’alveo di tale disciplina di tutti gli aspetti e fasi procedimentali dell'intervento: dalla fase di programmazione, anche finanziaria a quella dell’affidamento della progettazione “unitaria", sino all’assai rilevante fase della “approvazione del progetto” (ove si determina in concreto il costo dell'intervento da porre a base di gara) ed a quella della scelta del contraente per l'esecuzione dei lavori, in esito alla procedura ad evidenza pubblica che determina il costo effettivo dell’intervento “unitario" sia per la parte pubblica che per la parte privata.

Non risulterebbe infatti corretto “dividere" le modalità di calcolo del contributo di un progetto unitario, secondo i criteri dalla legge previsti per la ricostruzione pubblica e per quella privata, per la semplice ragione che la domanda del privato corredata dal progetto, presentata sulla piattaforma Mude, con il relativo calcolo del contributo, ha ragion di essere solo in un intervento a “prevalenza privata" e non già in quello “a prevalenza pubblica" che segue le sue regole proprie. Pertanto l'intervento di ripristino/ricostruzione di una “proprietà mista" a prevalenza pubblica seguirà le regole del finanziamento pubblico (già determinato ai sensi dell' art. 5 dell' ordinanza 61/2018) e la distinzione delle fonti di finanziamento dovrà essere calcolata solo “a valle" dell'approvazione del progetto, ai sensi dell' art.16 del decreto Sisma, al fine di determinare la quota del costo della parte privata minoritaria, ai fini del rispetto del principio di economicità, sulla base del costo convenzionale e delle eventuali migliorie o opere aggiuntive, che resteranno in accollo dei privati.

Ferme le richiamate regole civilistiche per la formazione del consenso, i comuni o gli enti proprietari della parte pubblica prevalente, ai fini del miglior coordinamento e della speditezza del procedimento, dovranno comunicare al proprietario o ai proprietari della parte privata, tramite avviso pubblico e notifica individuale, l'avvio del procedimento di realizzazione dell'intervento pubblico su proprietà mista, nei casi di accertata prevalenza della proprietà pubblica (artt.7 e 8 legge 241/1990 e s.m.i.) fissando il termine entro cui il destinatario può presentare eventuali osservazioni o istanza di partecipazione al procedimento, per quanto ammissibile; il privato dovrà altresì comunicare le eventuali opere “in accollo", eccedenti i limiti massimi dei costi ammessi per il contributo, entro il termine fissato dall’avviso pubblico.

Dunque, il progetto unitario dell'intervento, nel caso di parte pubblica prevalente (secondo comma lett. a) dell'art. 7 dell'ordinanza 56/2018) tiene conto, in modo distinto, del costo dei lavori relativi alla parte pubblica e del costo dei lavori relativi agli “edifici privati ad uso pubblico” (ai soli fini di economicità, ossia per evitare un aggravio dei costi pubblici, non ai fini delle fonti di finanziamento).

La Sezione VII, infine, perimetra i confini della disciplina inerente gli interventi di demolizione o messa in sicurezza degli edifici danneggiati dal sisma e l’articolo 38 è precipuamente dedicato agli interventi urgenti di demolizione o di messa in sicurezza degli edifici e alla misura del contributo spettante per gli edifici che, in relazione al proprio stato di danno, costituiscono pericolo per la pubblica incolumità ovvero siano causa di rischio per la salubrità e l’igiene pubblica dei luoghi o, comunque, impediscono o ostacolano l’avvio dei lavori per la ricostruzione o riparazione di immobili adiacenti o limitrofi, ovvero ne impediscano il rilascio dell’agibilità.

Il Capo III rubricato “La misura del contributo” analizza, anzitutto, l’ambito di applicazione dello stesso ovvero gli interventi di ricostruzione o di recupero degli immobili privati distrutti o danneggiati dalla crisi sismica, per poi chiarire i divieti, i limiti di cumulabilità ed infine l’esclusione, la revoca e la rinuncia dei contributi.

Questo Capo è suddiviso in 6 sezioni, rispettivamente rubricate come di seguito: interventi per la riparazione dei danni lievi di edifici ad uso abitativo; interventi per la riparazione dei danni gravi di edifici ad uso produttivo e per la ripresa delle attività economiche e produttive; il contributo per le delocalizzazioni; l'erogazione del contributo; le agevolazioni fiscali e il contributo per la ricostruzione nonché la compatibilità tra eco e sisma bonus e contributo per la ricostruzione e le modalità di presentazione.

Nella prima sezione, vengono definiti i criteri e parametri per la determinazione dei costi ammissibili a contributo e la successiva quantificazione dei contributi concedibili per gli interventi immediati di riparazione e rafforzamento locale di interi edifici che hanno riportato danni lievi. Particolare attenzione è dedicata all’incremento dei costi parametrici per particolari tipologie di edifici.

Nella seconda sezione, vengono determinati i contributi per gli interventi di riparazione dei danni gravi di edifici ad uso abitativo e soprattutto la modalità di calcolo degli stessi. Inoltre, viene menzionata la disciplina delle spese tecniche e delle spese per le attività professionali di competenza degli amministratori di condominio o dei consorzi.

Nella terza sezione, vengono determinati sia i costi ammissibili a contributo per gli interventi di riparazione dei danni gravi di edifici ad uso produttivo e per la ripresa delle attività economiche e produttive, sia i costi ammissibili a contributo per beni mobili strumentali, prodotti e scorte.

Nella quarta sezione, viene analizzato il contributo, entità e tipologie, in caso di delocalizzazioni. Infatti il contributo può essere destinato all'acquisto di altro edificio esistente agibile, non abusivo, conforme alla normativa urbanistica, edilizia e sismica, equivalente per caratteristiche tipologiche a quello preesistente, comune in area ritenuta idonea, dal punto di vista ambientale, ad ospitare l'attività produttiva come attestato con perizia asseverata dal tecnico incaricato.

Nella quinta sezione, viene definita la modalità di erogazione del contributo. I contributi sopra descritti, sono erogati, con le modalità del finanziamento agevolato, sulla base di stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all'esecuzione degli interventi ammessi a contributo. In relazione all'accesso ai finanziamenti agevolati, in capo al beneficiario del finanziamento matura, inoltre, un credito di imposta, disciplinato in questa medesima sezione.

Nella sesta ed ultima sezione del presente capo, sono disciplinate le modalità di predisposizione dei progetti per chi intenda fruire dei benefici fiscali di cui all'art. 16, comma 1-bis, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90 , e s.m.i. (sisma bonus) in relazione agli interventi sugli edifici privati distrutti o danneggiati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Nello specifico sono descritte le agevolazioni fiscali, la compatibilità tra eco e sisma bonus e contributo per la ricostruzione e le modalità di presentazione.

Il Capo IV è dedicato alle disposizioni relative alla domanda di richiesta di contributo e ai contenuti richiesti dalla legge. Il Capo si compone di 5 articoli in cui vengono pedissequamente descritte le informazioni che la domanda di contributo per gli interventi su edifici ad uso abitativo o produttivo deve riportare, con una ulteriore specificazione della disciplina nel caso in cui l’istanza riguardi la richiesta di contributo per beni strumentali e scorte ovvero sia indirizzata ad ottenere il contributo per l’acquisto con l’ulteriore distinzione in questo ultimo caso, a seconda che l’acquisto sia rivolto ad immobili ad uso abitativo oppure ad immobili ove delocalizzare l'attività produttiva. Chiude infine il Capo l’articolo 5 con una norma autonomamente dedicato alla specifica perizia che il tecnico incaricato deve allegare alla domanda, laddove questa sia finalizzata all’ottenimento del contributo per le attività produttive.

Il Capo V disciplina il procedimento e l’istruttoria e riproduce, in sostanza, la disciplina del procedimento prevista dall’ordinanza di semplificazione n.100 del 9 maggio 2020, che ha riscosso un notevole successo poiché con essa si sono ridotti i termini dell'istruttoria da una media di 14-16 mesi a 50-60 giorni.

L'impianto dell'ordinanza 100 è stato in seguito confermato e rafforzato dal decreto di semplificazione 76/2020, in specie con gli artt.10, comma 6, e 11.

Nell’intento di favorire la semplificazione amministrativa a fronte della stratificazione della legislazione ordinaria, speciale e delle numerosissime ordinanze che hanno nel tempo determinato l’affollato quadro regolatorio, assai complesso e di difficile conoscibilità ed operatività, già dal primo articolo si evidenzia la centralità per la ricostruzione privata dello strumento della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi dell’articolo 19 della legge generale del procedimento amministrativo 241/1990 e degli artt. 22 e 23 del Testo unico dell’edilizia.

Si tratta di un passaggio molto importante perché volto a recuperare l’approccio di largo respiro tipico di una fondamentale normativa di principio generale, superando la disciplina particolaristica e di carattere emergenziale.

A ben vedere è con questo strumento, basato sulla certificazione di conformità dell’intervento alle norme vigenti da parte del professionista abilitato, che si realizza la larga maggioranza degli interventi della ricostruzione privata (dai danni lievi, in forma di C.i.l.a, fino alla demolizione “con fedele ricostruzione” dell’edificio).

Si tratta di un istituto da anni consolidato nell’ordinamento giuridico nazionale, che è stato ripreso e valorizzato nella normativa della ricostruzione, senza aggravi ingiustificati. L' istituto, con l'ordinanza 100, era riferito agli interventi dell’articolo 12 bis del decreto Sisma, entro soglie massime di valore.

Con il Testo unico in consultazione si propone di eliminare le soglie di valore in modo tale da non complicare le procedure e la piattaforma informatica prevedendo due sole tipologie:

  1. SCIA per gli interventi conformi al preesistente;
  2. Permesso di costruire per gli interventi difformi, che aumentano volumi o superfici.

La SCIA edilizia, ai sensi degli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380 del 2001, è costituita dalla presentazione dei documenti di cui alle lettere a) e b) e d) dell’articolo 4, e dagli elaborati progettuali richiesti.

Ai fini dell’istruttoria sulle SCIA edilizie presentate i Comuni mantengono l’autonomia garantita dal vigente ordinamento in merito ai titoli edilizi ed è possibile che siano effettuate verifiche a campione nei casi opportuni.

L’istruttoria del Comune deve svolgersi in parallelo con quella degli USR relativa alla domanda di concessione del contributo, di cui si dirà di qui a breve, e il termine di 30 giorni previsto dall’articolo 23 del D.P.R. n. 380/2001 ai fini dell’efficacia per l’avvio dell’intervento è differito al momento della concessione del contributo.

Gli Uffici speciali per la ricostruzione e gli Uffici comunali procedono dunque, in autonomia e parallelamente, all’istruttoria e all’adozione dei provvedimenti di competenza, assicurando la massima collaborazione reciproca, al fine di evitare ogni aggravio procedimentale, nel rispetto dei principi di semplificazione, efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.

La presentazione della SCIA edilizia, ai sensi dell’articolo 22 del D.P.R. 380 del 2001, con le autorizzazioni e gli atti di assenso, comunque denominati, eventualmente necessari, consentono l’inizio dei lavori dopo 30 giorni dalla presentazione, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del D.P.R. 380 del 2001: entro tale termine gli Uffici comunali, in carenza dei presupposti, possono adottare motivati provvedimenti di divieto di avvio dell’attività e richiedere integrazioni e regolarizzazioni, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 19, comma 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Il termine di inizio dei lavori è differito al momento della concessione del contributo.

A questo proposito, si stabilisce, coerentemente, il principio secondo cui, “ai fini della disciplina dei procedimenti di concessione dei contributi, degli interventi edilizi e dei controlli, non trovano applicazione le disposizioni delle precedenti Ordinanze in materia di titoli abilitativi e contributi, nelle parti in contrasto o incompatibili con la presente ordinanza”.

Per tali interventi, si chiarisce  la procedura per la concessione e l’erogazione dei contributi indicando che la domanda di concessione dei contributi deve essere presentata dai soggetti legittimati all’Ufficio speciale per la ricostruzione territorialmente competente, unitamente alla richiesta o certificazione del titolo abilitativo, ossia del permesso di costruire o della SCIA, ai sensi degli artt. 20, 22 e 23 del D.P.R. 380 del 2001, necessario in relazione alla tipologia dell’intervento progettato.

La domanda di contributo costituisce segnalazione certificata di inizio attività, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 19, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, con cui il professionista attesta la conformità dei contenuti della domanda ai requisiti e ai presupposti previsti da leggi, ordinanze commissariali o di atti amministrativi generali.

Verificata la completezza delle certificazioni asseverate dal professionista e le documentazioni prodotte, anche in contraddittorio con il soggetto interessato e con le rettifiche eventualmente necessarie della domanda, l’Ufficio speciale per la ricostruzione adotta la proposta di concessione del contributo, comprensivo delle spese tecniche, che trasmette al Vice Commissario o suo delegato, entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda.

L’Ufficio speciale per la ricostruzione provvede, entro il termine di 10 giorni dalla data di presentazione della domanda, alla convocazione della Conferenza regionale, trasmettendo la domanda. Il termine massimo di conclusione del procedimento è di 90 giorni nei casi di convocazione della Conferenza regionale prevista dall’articolo 12 bis del decreto Sisma ovvero quando le domande siano state sorteggiate ai fini della verifica preliminare. I termini di cui sopra possono essere sospesi per una sola volta, e per un periodo non superiore a 30 giorni, per l’acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità, anche relativi ai titoli edilizi, non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Il Vice-commissario o suo delegato, nei successivi 10 giorni, definisce il procedimento emanando il provvedimento di concessione del contributo ovvero rigettando la domanda, anche parzialmente, previa congrua motivazione.

Gli Uffici speciali procedono alle verifiche a campione, preventive e successive alla concessione del contributo, e a quelle, per quanto possibile, ritenute in ogni momento opportune.

Tutti i termini per la conclusione del procedimento di cui all’ordinanza medesima decorrono dal ricevimento della domanda, ai sensi dell’articolo 2, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Decorsi i termini senza che il procedimento sia concluso, chi vi ha interesse può chiedere l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’articolo 2, commi 9, 9 bis, ter, quater, quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, da parte del Commissario straordinario, nell’esercizio di quanto previsto dall’articolo 2 del decreto Sisma, nonché, ai sensi dell’articolo 31 del codice del processo amministrativo, l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

È opportuno chiarire che, se gli interventi previsti sono realizzabili in larghissima misura attraverso la SCIA edilizia, ai sensi degli articoli 19 del legge n. 241/1990 e 22 e 23 del D.P.R. 380/2001, in alcuni specifici casi, l’intervento è tuttavia soggetto a permesso di costruire, ove vi siano aumenti di volumetrie eccedenti i modesti incrementi per ragioni di efficientamento energetico, sismico o igienico-sanitario, o nei casi di totale demolizione e ricostruzione con aumenti volumetrici.

In tali limitati o eccezionali casi, si segue il regime ordinario previsto dalle leggi e dalle ordinanze.

Gli interventi di delocalizzazione dell’edificio, per ragioni sismiche o altro, non sono compresi nella disciplina semplificata in esame, e sono sempre soggetti a permesso di costruire, così come tutti gli interventi di nuova costruzione. Viceversa, sono soggetti a SCIA edilizia, ai sensi degli artt. 22 e 23 d.p.r. n. 380/2001, gli interventi di demolizione e ricostruzione nella stessa area di sedime, salvo modesti scostamenti per ragioni tecniche documentate, che non determinino aumenti della volumetria complessiva preesistente (v. articolo 22, comma 1, lett. c, d.p.r. 380/2001).

L’obiettivo di ricostruire in modo accelerato le aree danneggiate dal sisma richiede che, nell’applicare i nuovi principi di semplificazione, si ponga particolare attenzione a non cadere nella tentazione di gravare i proprietari di inutili incombenze.

Nella logica della maggior semplificazione possibile, infatti, si stabilisce di facilitare al massimo gli interventi che non necessitano di preventiva autorizzazione paesaggistica non avendo, per così dire, alcuna capacità lesiva del bene protetto dal vincolo.

I commi 1-5 dell’articolo 8 del Capo, in coerenza con il principio di riduzione di ogni aggravio procedimentale, danno piena evidenza alla legislazione vigente che già sottrae all’autorizzazione paesaggistica preventiva una serie numerosa di interventi edilizi, in specie derivanti da calamità naturali ed esigenze di consolidamento antisismico, fino al massimo grado della demolizione con “fedele ricostruzione”.

Ora, i territori colpiti dal sisma del 2016 sono ampiamente connotati dalla presenza di vincoli paesaggistici e delle aree protette ma occorre considerare che la grandissima parte degli interventi di ricostruzione non costituiscono “nuove costruzioni” ma si limitano alla riparazione, ripristino, consolidamento antisismico o “fedele ricostruzione” nei limiti concettuali definiti dall’articolo 3 bis, comma 2, del decreto 123 del 2019, ossia di “conformità a quelli preesistenti quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico e configurazione degli esterni, fatte salve le parziali modifiche planivolumetriche e di sedime necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, igienico sanitaria e di sicurezza”.

Questa nozione, ben delineata dal legislatore, deve ispirare senza limiti e condizionamenti la ricostruzione privata nella piena salvaguardia dei valori paesaggistici e naturali poiché non vi è alcun nesso tra il ripristino e l’efficientamento dell’esistente, peraltro senza neppure apprezzabili modifiche esteriori, ed il bene paesaggistico oggetto di tutela.

Introdurre ulteriori obblighi, soprattutto laddove non vi siano beni paesaggistici da proteggere, equivarrebbe ad introdurre vincoli senza scopo e senza utilità. Al contrario, è ovviamente fatto salvo l’obbligo di ottenere tutti i nullaosta, pareri e atti di autorizzazione, comunque denominati, relativi all’edificio e previsti dal codice dei beni culturali n. 42 del 2004, che incidono su beni specificamente individuati e ben più circostanziati.

La coerente attuazione del principio richiamato, cui tutti sono tenuti, costituisce un altro importante passo in avanti dell’accelerazione della ricostruzione.

Analoga ratio ispira il disposto del successivo articolo 9 del Capo con riguardo agli edifici soggetti a sanatoria o condono edilizio.

Tale norma si occupa di chiarificare e semplificare, negli stretti limiti ammessi dalla legge, il rapporto tra abusi edilizi dichiarati o in via di accertamento, quelli eventualmente sussistenti ma non accertati, e i procedimenti di concessione del contributo e di rilascio o formazione del titolo edilizio. Si tratta di un tema rilevante e diffuso che rischia di aggravare notevolmente le procedure della ricostruzione, talvolta senza giustificato motivo.

Occorre infatti chiarire, in via generale, che gli organi della ricostruzione non hanno la responsabilità né la finalità di sanare o punire gli abusi edilizi del passato, peraltro realizzati in vasti territori, responsabilità correttamente demandate ad altre autorità, né di condurre indagini a riguardo. Lo scopo precipuo del diritto della ricostruzione è quello di realizzare gli interventi edilizi di riparazione, consolidamento sismico, ristrutturazione o ricostruzione negli stessi limiti volumetrici, in modo conforme alle leggi vigenti oltre che nei modi più efficienti.

I commi 1-4, nel richiamare la sanatoria speciale prevista con la domanda di contributo ai sensi dell’articolo 1 sexies del decreto-legge n. 55/2018, e le altre fattispecie, disciplinano, ai fini dell’incidenza sulle procedure della ricostruzione, due tipologie di abusi: quelli gravi e quelli relativi alle parziali difformità.

Nella prima categoria, gli abusi eventualmente riscontrati sull’edificio esistente anche in procedure pendenti, realizzati in assenza di permesso di costruire, totale difformità o variazione essenziale, ai sensi dell’articolo 31 del Testo unico dell’edilizia, devono essere valutati ai fini dell’adozione di una misura di sanatoria o delle sanzioni previste, anteriormente e preliminarmente alla concessione del contributo e al rilascio del titolo edilizio.

Le difformità parziali, che determinano un’eventuale sanzione pecuniaria, invece, ai sensi del vigente Testo unico dell’edilizia, sono oggetto di sanatoria ai sensi dell’articolo 1 sexies del decreto-legge n. 55/2018 e nei modi ordinari richiamati dall’ordinanza, ma non impediscono il rilascio del contributo e del titolo edilizio ai fini della ricostruzione, salvi gli effetti conseguenti alle specifiche responsabilità e le conseguenti sanzioni.

Il comma 5 precisa che, in ogni caso, per l’abuso che determina un aumento di superfici o di volume non spetta il contributo, a meno che non vi sia una preventiva sanatoria, mentre il comma 6 specifica che sono ovviamente fatti salvi gli aumenti di cubatura o di superfici previsti da leggi regionali.

 L’attestazione della conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento, di competenza del professionista tecnico, è chiaramente disciplinata.

Come già osservato, le semplificazioni amministrative introdotte dall’ordinanza n. 100 hanno trovato una definitiva codificazione all’interno della legislazione nazionale a seguito delle modifiche al Testo unico sull’edilizia (D.P.R. 380/2001) oltre che al decreto Sisma.

In particolare, la conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento previsto per gli edifici danneggiati dal sisma è attestata dal professionista o dal comune sulla base di soli tre elementi:

  1. il titolo edilizio dell’edificio preesistente
  2. l’assenza di procedure sanzionatorie o di sanatoria in corso
  3. l’inesistenza di vincoli di inedificabilità assoluta.

Inoltre, la mancanza della copia del titolo edilizio non pregiudica la possibilità di attribuire all’edificio la cosiddetta “legittima preesistenza” quando le informazioni sulla medesima siano desumibili da altri documenti probanti (fotografie, atti pubblici e privati ecc.).

Tali semplificazioni, pertanto, sono immediatamente applicabili anche alle istanze di concessione di contributo ed ai relativi progetti presentati precedentemente all’entrata in vigore dell’ordinanza n. 100 e non ancora definite.

La disciplina in esame prevede anche, sul versante procedimentale, diritti e tempi certi anche per i cittadini del terremoto.

Per garantire una celere ricostruzione è fondamentale che i cittadini non cadano vittime delle disfunzioni – anche incolpevoli – dell’amministrazione. In relazione a queste esigenze, particolarmente avvertite nelle difficili situazioni in cui vertono molte aree colpite dal sisma, le misure di semplificazione introdotte di recente si sono basate sulla necessità di recuperare il profondo respiro che ispirò la legge n. 241/1990, allorché si avviò un nuovo modo di impostare i rapporti tra amministrazione e cittadini

In particolare, occorre che nella ricostruzione si rispettino termini precisi, non si duplichi la documentazione richiesta, si osservi rigorosamente il divieto di aggravamento del procedimento, si ponga in essere l’esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia dell’amministrazione.

Secondo l’ordinanza i termini massimi procedimentali sono di 3 tipi:

  1. 30 giorni per l’inizio dei lavori dalla presentazione della domanda di contributo da parte del richiedente e del professionista abilitato che saranno oggetto della verifica di completezza da parte degli Uffici speciali per la ricostruzione. Alla domanda sono obbligatoriamente allegati, oltre alla documentazione necessaria per il rilascio del permesso di costruire o della SCIA: a) estremi della scheda AeDES, redatta a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 maggio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17 maggio 2011, anche da parte del personale tecnico del Comune o da personale tecnico e specializzato di supporto al Comune appositamente formato, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, o altra certificazione professionale prevista dalle ordinanze commissariali; b) relazione tecnica asseverata a firma del professionista iscritto all’elenco speciale di cui all’articolo 34 del decreto Sisma, attestante la riconducibilità causale diretta dei danni esistenti agli eventi sismici di cui all’articolo 1 del medesimo decreto, e la SCIA con i documenti previsti dall’articolo 5 dell’ordinanza; c) progetto degli interventi proposti, con l’indicazione di riparazione danni e rafforzamento locale, miglioramento o adeguamento sismico, demolizione e ricostruzione, riferiti all’immobile nel suo complesso, corredati da una relazione asseverata del professionista che attesta sotto la propria responsabilità la congruità del computo metrico estimativo in relazione al progetto e all’entità del contributo richiesto, comunque non superiore ai costi parametrici nei limiti previsti dall’articolo 6 del decreto Sisma e dalle ordinanze vigenti, fatti salvi i maggiori costi per lavori di miglioria, che possono riguardare anche opere strutturali, in accollo del richiedente, anche tramite bonus fiscali previsti per legge; d) indicazione dell’impresa affidataria dei lavori, con allegata documentazione relativa alla sua selezione e attestazione dell’iscrizione nell’Anagrafe di cui all’articolo 30, comma 6, del decreto Sisma, nei termini previsti dall’articolo 10 dell’ordinanza n. 95 del 2020; e) i documenti indicati nella piattaforma informatica della Struttura commissariale.

Si osserva che l’art. 9 bis del Testo unico dell’edilizia, con l'innovazione voluta dalla Struttura commissariale, ora prevede che lo “stato legittimo dell'immobile" può essere attestato tramite il titolo dell’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrato con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

  1. 70 giorni per il decreto di concessione del contributo;
  2. 100 giorni, in tutti gli altri casi in cui è richiesta o intervenga, ai sensi dell’articolo 12 bis del decreto Sisma, la competenza della Conferenza regionale, che agisce come conferenza semplificata dei servizi, ai sensi dell’articolo 14 ter della legge n. 241/1990, ovvero nei casi in cui l’Ufficio Speciale procede alle verifiche preventive.

Si tratta, in sostanza, di un buon passo in avanti in direzione dell’accelerazione tanto più che occorre ben evidenziare che si tratta di termini massimi e che i principi di semplificazione introdotti dall’ordinanza si ha ragione di ritenere che potranno dispiegare effetti utili, in modo diffuso, nelle fasi anteriori al termine finale. Sono in ogni caso garantiti ai sensi dell’articolo 10 (comma 6) del Capo i diritti dei cittadini nei confronti dell’inerzia o dei ritardi dell’Amministrazione.

È inoltre fondamentale la semplificazione stabilita dall’articolo 7, laddove si prevede che nel caso in cui, a causa del sisma o per motivi di forza maggiore, il titolo edilizio relativo all’edificio oggetto del contributo non sia più disponibile, il professionista può limitarsi, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 12-bis del decreto Sisma, ad attestare in luogo della conformità edilizia e urbanistica, la sola conformità dell’intervento proposto all’edificio preesistente al sisma.

Ai fini dell’attuazione del comma 1-bis dell’articolo 12-bis del decreto Sisma, la conformità dell’intervento all’edificio preesistente al sisma consiste nell’attestare, da parte del professionista, anche sulla base di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà rese dal proprietario, ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445 del 2000, o di documentazione fotografica probante, che l’intervento non determini variazioni volumetriche dell’edificio preesistente e risulti conforme alla normativa edilizia ed antisismica vigente.

Un principio, questo, ora confermato dall’articolo 10, comma 3, del decreto n. 76/2020, intitolato “stato legittimo”.

Occorre pure considerare il ruolo delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio per l’accertamento dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per accedere ai contributi per la ricostruzione.

Il decreto semplificazione ha infatti introdotto il comma 3-bis all’articolo 18 della legge n. 241/90 stabilendo che nei procedimenti avviati su istanza di parte che prevedono contributi pubblici (come quelli relativi alle domande per la concessione di contributo per la ricostruzione privata) le dichiarazioni rilasciate ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000 sostituiscono la documentazione comprovante i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalle norme per accedere al contributo stesso, fatta salva la normativa antimafia.

Pertanto, la presentazione dell’istanza è corredata, ove occorra, dalle dichiarazioni sostitutive di atto notorio qualora le stesse accertino fatti e circostanze riferibili a requisiti oggettivi e soggettivi indispensabili, ai sensi della normativa sul sisma 2016, per presentare la domanda di contributo.

Resta ovviamente invariato il controllo sulla veridicità delle dichiarazioni effettuato dagli uffici con le modalità disciplinate dalle ordinanze commissariali.

In tal senso al professionista viene riconosciuto un ruolo di grande responsabilità, dal momento che in relazione a tali procedimenti questi assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi dell’articolo 29 comma 3, del D.P.R. 380 del 2001, asseverando e attestando sotto la propria responsabilità, ad ogni effetto di legge:

  1. la conformità edilizia del progetto attraverso la presentazione della SCIA, ai sensi del Capo III, Titolo II, Parte I del P.R. 6 giugno 2001, n. 380 o, ove occorrente, della domanda di rilascio del permesso di costruire, ai sensi del Titolo II, Parte I del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 o del titolo unico ai sensi dell’articolo 7 del D.P.R. 160 del 2010;
  2. la conformità urbanistica dell’intervento proposto;

l’importo del contributo concedibile determinato nei limiti del costo ammissibile, provvedendo ad attestare la congruità dell’importo dell’intervento e la coerenza dello stesso con gli elaborati tecnici del progetto presentato, comunque non superiore ai costi parametrici nei limiti previsti, fatti salvi i maggiori costi per lavori di miglioria in accollo del richiedente, anche tramite bonus fiscali previsti per legge;

  1. l’utilizzabilità dell’edificio alla data degli eventi sismici, ai sensi dell’articolo 10 del decreto Sisma e delle previsioni indicate dall’ordinanza n. 90/2020 con riferimento agli edifici collabenti;
  2. ogni altro requisito espressamente indicato nei modelli e negli schemi indicati nella piattaforma informatica della Struttura commissariale.

Successivamente, la Conferenza regionale, ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241:

  1. si esprime sulla conformità urbanistica dell’intervento, attestando la legittima preesistenza dell’edificio danneggiato e l’assenza di vincoli urbanistici di inedificabilità assoluta dell’area, nonché la conformità dell’intervento al Programma straordinario di ricostruzione di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, ove adottato;
  2. acquisisce, ove necessario, i pareri ambientali, paesaggistici e culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ivi compresi quelli idrogeologici, precisando che per i beni di interesse paesaggistico non è richiesta l’autorizzazione di cui all’articolo 146 per le tipologie di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e consolidamento sismico che, in quanto finalizzati alla riparazione e consolidamento degli edifici o al ripristino con miglioramento sismico o adeguamento sismico e ricostruzione di edifici danneggiati o distrutti, in nessun caso alterano lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
  3. acquisisce l’autorizzazione sismica nonché, ove occorra, i pareri degli Enti competenti ai fini della formazione del titolo edilizio, nel rispetto dell’articolo 1 sexies, comma 6, del decreto-legge 24 luglio 2018, n. 89 per gli eventuali interventi da realizzare in sanatoria ai sensi della normativa vigente o, ove adottato, del Programma straordinario di ricostruzione di cui alla lettera a);
  4. La determinazione motivata di conclusione della conferenza che costituisce presupposto al decreto di concessione del contributo e di titolo edilizio, è adottata di regola entro il termine di 30 giorni dalla convocazione e comunque, ove necessario, nei termini stabiliti dall’articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Qualora sia necessario acquisire un solo parere o una sola autorizzazione, non si fa luogo a convocazione della conferenza e il parere o l’autorizzazione sono acquisiti secondo le norme ordinarie.

Nei primi mesi di attuazione del modello di semplificazione delineato dall’ordinanza n. 100 si sono subito registrati lusinghieri successi nello snellimento delle procedure: dell’ordinanza n. 100/2020 rappresenta un modello per il legislatore nazionale e per le nuove regole della ricostruzione privata.

Dagli Uffici speciali per la ricostruzione, dai tecnici, dai sindaci e dai cittadini interessati, sono arrivate segnalazioni della netta abbreviazione dei termini di esame delle domande e di rilascio dei contributi per l’avvio dei lavori, che sono passati da una media di 18 mesi ad una di 50 giorni.

Un brusio si è sollevato fino a crescere e consolidarsi in un grido di stupore: l’ordinanza n. 100 funziona!

Questi primi risultati positivi, merito della capacità degli Uffici speciali di interpretare in modo sicuro le innovazioni[1].

Queste innovazioni incontrano ovviamente qualche resistenza come sempre accade per le cose nuove: per le vecchie abitudini che ci portano a ripetere le azioni del passato, per le incrostazioni culturali e professionali di chi non comprende le novità (o non condivide le riforme), per la paura di responsabilità, e altro.

D’altronde la delicata fase di cambiamento che è stata avviata con decisione, nel tempo del covid-19 ossia di una “doppia emergenza”, implica mutamenti di non poco rilievo, dal reale passaggio ad un’amministrazione pubblica che regola e controlla, ma lascia la gestione della “pratica” alla responsabilità sussidiaria del “tecnico abilitato”, in un’alleanza con la società civile, alla rimozione di concetti e principi disciplinari obsoleti ma radicati, come la verifica (ulteriore) della conformità urbanistica per interventi di riparazione di edifici già legittimi o l’autorizzazione paesaggistica per interventi “conformi” ai preesistenti anche per l’aspetto esteriore, tutti controlli inutili, che determinano un evidente e complesso aggravio delle procedure per i cittadini e per l’avvio dei lavori.

Queste innovazioni, nella delicata e decisiva fase dell’attuazione, trovano ora un forte sostegno nelle semplificazioni introdotte dal decreto-legge 76 del 16 luglio del 2020, come convertito, che ne recepisce i principi e li estende in larga misura all’intera legislazione nazionale.

In secondo luogo, il decreto-legge, recependo le indicazioni del Commissario straordinario, consolida in via definitiva la disciplina edilizia del sisma con l’estensione a tutti i comuni coinvolti del “principio della conformità”: se ricostruisco in modo conforme ad un edificio edilizio legittimamente preesistente, salvi gli abusi minori sanabili e le modeste variazioni volumetriche e di sedime per ragioni di sicurezza sismica e di efficienza energetica, ricostruisco con S.c.i.a., non applico le disposizioni urbanistiche poiché l’edificio preesistente è legittimo (sono “in deroga”, una brutta parola male usata..), non ho bisogno di autorizzazioni paesaggistiche preventive perché non “altero lo stato dei luoghi” (salva sempre la facoltà di reprimere gli abusi..), posso modificare una finestra (rectius, i “prospetti”, come ora afferma la legge) e ciò “senza speciali autorizzazioni”, salve le ordinarie autorizzazioni preventive di sicurezza antisismica o di nullaosta delle Sovrintendenze per i vincoli architettonici direttamente incidenti “sull’edificio”.

Il decreto semplificazione, recependo la logica dell’ordinanza n. 100, ribadisce il principio secondo cui se si ricostruisce in modo “conforme” al preesistente edificio, purché legittimo, gli interventi possono essere realizzati, in tutti i comuni del cratere, “in deroga” agli strumenti urbanistici.

L’articolo 3-bis del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, prevedeva, esclusivamente per i comuni maggiormente colpiti individuati da ordinanza commissariale, la possibilità di autorizzare gli interventi di ricostruzione di edifici pubblici o privati anche in deroga ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Dall’entrata in vigore del decreto Semplificazione, a seguito della modifica intervenuta all’articolo 12 del decreto Sisma, tale possibilità è estesa a tutti i comuni del cratere e senza la preventiva adozione del programma straordinario di ricostruzione (ovvero di altri strumenti attuativi) che è, comunque, un importante strumento di programmazione e gestione dell’attività pubblica e privata finalizzata alla ricostruzione.

Restano invariati i soli limiti individuati nel comma 2 del citato articolo 3-bis costituiti dalla condizione che detti interventi siano diretti alla realizzazione di edifici conformi a quelli preesistenti quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico e configurazione degli esterni, fatte salve le modifiche planivolumetriche e di sedime necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, igienico-sanitaria e di sicurezza[2].

Questo è il nuovo regime giuridico della ricostruzione privata nel territorio del sisma cui va aggiunto, per completezza, che occorrerà invece, come ovvio, il rilascio preventivo del permesso di costruire nel caso di realizzazione di nuove costruzioni che impegnano nuovo territorio e consumo di suolo, anche in caso di delocalizzazione, e nei casi di ristrutturazione con consistenti aumenti di volumetrie.

Questo nuovo assetto delle regole della ricostruzione privata costituisce un notevole passo in avanti sulla via della semplificazione e non può dirsi certo una fuga verso la deregulation, poiché regole e controlli pubblici restano, ma muta finalmente la filosofia di fondo: se ciascuno fa la sua parte, la ricostruzione può iniziare a correre, ora.

Il Capo VI si compone di cinque sezioni ed è dedicato alle attività di controlli da parte dei soggetti preposti. Si descrive, in altre parole, la disciplina di tutte le verifiche e gli accertamenti previsti dalla legge, che i soggetti a vario titolo coinvolti sono chiamati a svolgere sia nella fase precedente, che in quella contestuale nonché, da ultimo, anche nella fase successiva alla presentazione della domanda e all’erogazione del contributo. Negli otto articoli di cui si compone il Capo viene, pertanto, declinata la differente normativa che riguarda le verifiche a campione e i controlli da svolgere nella procedura semplificata, quelli previsti all’interno della procedura ordinaria per cui viene prevista una specifica norma dedicata alla competenza di ciascun soggetto a chiamato a svolgere le predette delicate funzioni insieme con un’ulteriore disposizione che perimetra le modalità attraverso le quali tali verifiche vengono effettuate dai soggetti competenti.

Particolare attenzione viene inoltre dedicata alla tipologia di verifiche e alle modalità di svolgimento delle stesse nel caso dei rimborsi erogati per l'attività di delocalizzazione temporanea delle attività produttive e una sezione a parte riguarda, invece, la descrizione di tutte le attività di controllo che è chiamato a svolgere il Commissario straordinario del governo e la Struttura commissariale.

Viene infine disciplinata in un’autonoma sezione l’ipotesi in cui i controlli e le verifiche abbiano esito negativo con specifica normazione dell’attività di riscossione che ne consegue e della procedura di revoca, totale o parziale, dei contributi e dei rimborsi originariamente riconosciuti.

Il Capo VII del Titolo I riguarda il sistema delle conferenze. La Conferenza permanente è l’organo, istituito - dall’art. 16, comma 1, del decreto Sisma - al fine di potenziare e accelerare la ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici. Essa è presieduta dal Commissario straordinario o da un suo delegato e vi partecipano un rappresentante: del Ministero dei beni, dell’attività culturali e del turismo; del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; del Ministero dell’infrastrutture e dei trasporti; della Regione; della Provincia.

In particolare, la Conferenza permanente:

- esprime parere obbligatorio e vincolante sugli strumenti urbanistici attuativi adottati dai singoli Comuni;

- approva i progetti esecutivi delle opere pubbliche, dei lavori relativi a beni culturali di competenza del Commissario, nonché di quelli predisposti dai diversi soggetti attuatori;

- esprime parere obbligatorio e vincolante sul programma delle infrastrutture ambientali

La Commissione è validamente costituita con almeno la metà dei suoi componenti, delibera a maggioranza dei presenti e la determinazione motivata di conclusione del procedimento sostituisce a ogni effetto tutti i pareri, le intese, i concerti, i nulla osta o gli altri atti di assenso di competenza delle Amministrazioni coinvolte.

Inoltre, presso ciascuna delle quattro Regioni interessate dagli eventi sismici, è istituita una Conferenza regionale, presieduta dal Presidente di Regione – vice Commissario o da un suo delegato, e il cui funzionamento replica quello previsto per la Conferenza permanente.

La Conferenza regionale è deputata a:

- esprimere il parere sui progetti relativi agli interventi privati sottoposti a vincoli ambientali, paesaggistici, culturali o ricomprese nelle aree dei parchi nazionali o nelle aree protette regionali;

- approvare i progetti definitivi relativi agli interventi realizzati dai soggetti attuatori;

Il Capo VII-BIS si occupa del rilevante tema della partecipazione dei cittadini alle scelte amministrative di maggior impatto dal punto di vista sociale, economico, ambientale, della ricostruzione.

Naturalmente le istituzioni rappresentative di governo, a partire dal comune, hanno il loro ruolo, competenze, responsabilità, ma dinanzi ad un evento così distruttivo non si tratta solo di gestire un'amministrazione ordinaria, secondo il mandato elettorale ricevuto, ma piuttosto di ricostruire l'urbs e, in certa misura, anche la civitas.

Per queste evidenti ragioni la partecipazione dei cittadini alle principali scelte costituisce un dovere ed un utile contributo alla ponderazione e alla condivisione delle decisioni da assumere.

Il bene prezioso della democrazia amministrativa, affinché sia garantito, ha bisogno di regole, semplici e chiare, per favorire e disciplinare la partecipazione ed i suoi effetti.

Il Capo in commento prevede, in modo ben comprensibile, tutte le garanzie di partecipazione già disciplinate dalla legge 241/1990 ed in più introduce “l'udienza pubblica", uno strumento assai efficace per presentare, in modo ordinato, osservazioni, memorie, documenti, che il Comune e le amministrazioni precedenti devono tenere in considerazione prima della decisione finale.

Sono disciplinate in modo semplice le regole per garantire informazione, accesso agli atti, partecipazione, valutazione delle proposte presentate da cittadini e associazioni.

Il Capo snoda, dunque, in cinque articoli la disciplina dell'udienza pubblica, regolamentando le forme e le modalità migliori per garantire ed efficientare la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali che coinvolgono in vario modo i territori colpiti dal sisma. Risultano normate pertanto specifiche modalità di indizione e modalità e condizioni di svolgimento di un’apposita udienza, di cui vengono disciplinati anche gli effetti in ordine alla rilevanza dei relativi esiti e delle determinazioni a cui si perviene, aperta all’audizione della cittadinanza, prevedendo che a favore della stessa venga disposto anche un preventivo pubblico avviso.

Il Capo VIII del Titolo I affronta il tema dei termini di presentazione delle domande al fine dell’ammissione a contributo, individuati dalle ordinanze commissariali succedutesi a far data dal 24 agosto 2016, differenziandoli a seconda dell’intensità del danno provocato dagli eventi sismici e della natura delle zone – in altre parole, se interessate da dissesti idrogeologici – su cui insistono gli edifici danneggiati o distrutti.

Si procedimentalizza il regime semplificato di presentazione delle domande di contributo, introdotto al fine dello smaltimento dell’arretrato in capo agli USR.

[1] L’attestazione deve essere rilasciata da parte dell’Ufficio comunale competente nel termine di trenta giorni dalla presentazione della domanda, decorso il quale la domanda si intende assentita; 4. scheda di conformità urbanistica attestante la legittima preesistenza dell’edificio danneggiato, ai sensi dei precedenti punti 1. e 3., e l’assenza di vincoli urbanistici di inedificabilità assoluta dell’area. In particolare, il concetto di ultimo titolo deve essere inteso come “ove possibile” nel senso che il professionista o il richiedente documentano nel modo più completo possibile i diversi interventi di trasformazione dell’immobile eventualmente succedutisi nel tempo, ivi comprese le opere interne. È chiaro che, non sussistendo un obbligo di legge riguardante il possesso di un “libretto del fabbricato”, non sarà di norma frequente l’ordinata rassegna di tali titoli. La verifica del titolo ha il compito di attestare la legittima sussistenza dell’edificio danneggiato, dunque il carattere non totalmente abusivo di esso, e non quello di inseguire eventuali parziali difformità realizzate nel tempo che potranno sempre essere oggetto di procedimenti sanzionatori o di sanatoria, in via ordinaria o ai sensi dell’articolo 1-sexies del DL n. 55/2018. Tuttavia ove non sussistano interventi di modifica dell’edificio o nel caso in cui non sussista tale documentazione è sufficiente il titolo abilitativo della costruzione (solo per quelli realizzati successivamente al 1 settembre 1967 o, ove si tratti di edificio compreso nel centro storico e sussista un regolamento comunale che richieda il titolo abilitativo, successivamente al 17 agosto 1942). Il titolo edilizio può essere comunque “risultante per atto pubblico” (articolo 4, comma 1, lett. b della ordinanza n. 100/2020) e quindi anche, ad esempio, da rogito notarile o registro immobiliare da cui possa risultare anche la planimetria del fabbricato. Si precisa che, nei casi in cui il professionista o l’avente titolo non possa o non riesca a documentare il titolo del fabbricato o dell’unità immobiliare, si può richiedere al Comune il rilascio di una copia del titolo ai sensi dell’articolo 2, comma 7 della legge n. 241/1990 e dell’articolo 6, comma 3 della O.C. n. 100/2020 che prevedono che non debbano essere attestati documenti in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. In tal caso incombe sul richiedente l’onere di indicare il nominativo dell’originario intestatario del titolo abilitativo.

L’ordinanza precisa altresì che non costituiscono comunque alterazione dello stato dei luoghi e dell’aspetto esteriore degli edifici, ai sensi dell’articolo 149, comma 1, della lettera a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, le opere interne e di consolidamento che non modificano la sagoma, siano eseguite nel rispetto dei limiti volumetrici e del colore delle facciate degli edifici, secondo quanto previsto dall’articolo 154 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 o dai regolamenti comunali ed inoltre per gli interventi edilizi sanabili, inclusi nelle deroghe e nelle nuove tolleranze introdotte dall’articolo 1-sexies, commi 4 e 5 della legge 24 luglio 2018, n. 89. L’ordinanza n. 100 specifica anche che non sono altresì soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere previsti dall’articolo 2 del D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, elencati nell’Allegato al predetto decreto, nonché gli interventi sanabili ai sensi dell’articolo 1-sexies, commi 4 e 5 della legge 24 luglio 2018, n. 89. In ogni caso sono sempre esclusi dall’autorizzazione paesaggistica, sulla base di apposita asseverazione resa dal professionista in merito alla sussistenza dei pertinenti presupposti, le seguenti tipologie di interventi, corrispondenti alle voci “A.3” e “A.29” dell’Allegato “A” al decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017: a) gli interventi che abbiano finalità di consolidamento statico degli edifici, ivi compresi gli interventi che si rendano necessari per il miglioramento o l’adeguamento ai fini antisismici, purché non comportanti modifiche alle caratteristiche morfo – tipologiche, ai materiali di finitura o di rivestimento, o alla volumetria e all’altezza dell’edificio, fatte salve quelle necessarie per l’efficientamento energetico dell’edificio ai sensi dell’articolo 14, commi 6 e 7 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 e per l’adeguamento agli standard igienico sanitari; b) gli interventi di fedele ricostruzione di edifici, manufatti e impianti tecnologici che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti, o siano oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, purché sia possibile accertarne la consistenza e la configurazione legittimamente preesistente ed a condizione che l’intervento sia realizzato entro dieci anni dall’evento e sia conforme all’edificio o manufatto originario quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico, configurazione degli esterni e finiture, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica e di sicurezza degli impianti tecnologici, nonché quelle necessarie per l’efficientamento energetico dell’edificio ai sensi dell’articolo 14, commi 6 e 7 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 e per l’adeguamento agli standard igienico sanitari. Le segnalazioni certificate di inizio attività devono attestare la conformità degli interventi alle prescrizioni, anche relative ai materiali, contenute nei piani attuativi dei centri storici aventi valore di piani paesaggistici, ai sensi dell’articolo11, comma 7, del decreto-legge.

[2] Il riferimento normativo in materia è l’articolo 12 comma 2, ultimo periodo, decreto-legge 189/2016: “Nei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis gli interventi della ricostruzione di edifici privati in tutto o in parte lesionati, crollati o demoliti, od oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, sono autorizzati ai sensi e nei limiti di cui all’articolo 3-bis, comma 2, del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156.

Relazione illustrativa della Parte Terza

Il Titolo I (Immobili di proprietà privata di interesse culturale e paesaggistico) della Parte III del Testo unico riguarda l'applicazione dei benefici e il riconoscimento dei contributi, nell'ambito del processo di ricostruzione e ripristino del patrimonio danneggiato, con specifico riferimento ai danni agli edifici privati di interesse storico-artistico e agli edifici inclusi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico o comunque appartenenti al patrimonio edilizio storico, anteriore al 1945, preso in considerazione come espressione di valori e interessi culturali e paesaggistici dalla pianificazione urbanistica e da altri piani e programmi delle autonomie territoriali, in attuazione dell’art. 5 del decreto Sisma.

L’art. 5, ora citato, prevede, infatti, nella ricostruzione privata, la definizione di criteri di indirizzo per la pianificazione, la progettazione e la realizzazione degli interventi di ricostruzione con adeguamento sismico degli edifici distrutti e di ripristino con miglioramento sismico degli edifici danneggiati, in modo da rendere compatibili gli interventi strutturali con la tutela degli aspetti architettonici, storici e ambientali, anche mediante specifiche indicazioni dirette ad assicurare una architettura ecosostenibile e l'efficientamento energetico.

Il Titolo I riprende, limitatamente ai profili relativi alla suddetta tipologia di edifici, i contenuti delle ordinanze n. 4 del 17 novembre 2016, n. 8 del 14 dicembre 2016, n. 13 del 9 gennaio 2017, n. 19 del 7 aprile 2017, n. 61 del 1° agosto 2018 e n. 90 del 24 gennaio 2020.

Riproduce pressoché integralmente, inoltre, il contenuto della più recente ordinanza 6 maggio 2021, n. 116, che ha profondamente riformato il sistema previgente degli incrementi da applicare per gli edifici vincolati e di interesse culturale e paesaggistico sul contributo di base stabilito in relazione al costo parametrico dell’intervento.

La logica di fondo che ispira questa disciplina è quella della salvaguardia e valorizzazione non solo dei beni vincolati, ma di tutta l’edilizia tradizionale, storicizzata, che caratterizza profondamente ampie porzioni dei territori colpiti dal sisma. Si tratta, infatti, come è noto, di territori in gran parte ricadenti all’interno dei Parchi Nazionali dei Monti Sibillini e del Gran Sasso e Monti della Laga, distribuiti tra centinaia di piccoli comuni e migliaia di borghi e piccole frazioni, tutti connotati da un’elevata qualità paesaggistica e del costruito storico, che deve essere oggetto di un’attenta e calibrata salvaguardia in fase di ricostruzione.

Con la riforma introdotta con l’ordinanza n. 116 del 2021 si è dunque privilegiata l’edilizia storicizzata e tradizionale, anteriore al 1945, per la quale si giustifica il riconoscimento di speciali incrementi del contributo, mentre si è esclusa l’attribuzione di tali incrementi per gli edifici di epoca più recente, in sé privi di qualsiasi interesse paesaggistico o culturale, anche se casualmente ricompresi in aree genericamente sottoposte a vincolo paesaggistico.

La tutela e la valorizzazione di questo importantissimo patrimonio identitario, rappresentato dagli antichi borghi tradizionali e dai centri storici dei piccoli Comuni di queste aree interne, costituisce un principio fondamentale dell’intero processo di ricostruzione. Se non è realistico l’obiettivo (forse troppo rigido) di riprodurre ogni cosa “dov’era, com’era”, è però possibile e necessario non stravolgere il patrimonio edilizio che contraddistingue e rende unici questi territori, contribuendo in modo determinante alla loro attrattività, non solo turistica, ma potenzialmente anche di riallocazione delle scelte abitative future (poiché i piccoli comuni e i borghi storici ben possono candidarsi, oggi, a costituire poli di sviluppo sostenibile complementari, se non in parte alternativi, alle grandi conurbazioni metropolitane e agli agglomerati urbani tradizionali, cfr. “Linee guida” già allegate all’ordinanza n. 107 del 2020).

In quest’ottica, e con le suindicate finalità, gli incrementi del contributo di base non sono più riconosciuti in modo automatico per il solo fatto della presenza di un vincolo storico-artistico o paesaggistico, a prescindere dalla qualità dell’intervento di ricostruzione o riparazione, ma sono attribuiti in relazione al tipo di intervento che si propone nella domanda di contributo. L’obiettivo è quello di incentivare e di favorire gli interventi di conservazione e di restauro rispetto a quelli di demolizione e ricostruzione ex novo dell’edificio.

Per i beni culturali che risultano vincolati in base al codice di settore del 2004 è comunque garantita una quota minima automatica di incremento pari al 30 per cento del contributo di base e sono previsti aumenti fino al 100 per cento.

Per i beni paesaggistici è stata operata una distinzione in relazione alla collocazione degli edifici interessati dagli interventi di ripristino, riparazione o ricostruzione: se si tratta di edifici – sempre espressivi dell’edilizia storica e tradizionale, ante 1945 – facenti parte integrante dei centri storici e dei borghi antichi, allora l’incremento del contributo si spinge fino al 70 per cento, altrimenti, se si tratta di edifici che si trovano in aree paesaggistiche generiche (di tipo, ad esempio, naturalistico), allora l’incremento massimo è pari al 50 per cento circa.

Ovviamente questi incrementi non potranno superare il totale dei costi effettivi necessari per la realizzazione degli interventi progettati e sono cumulabili solo con alcuni altri incrementi già previsti dalle precedenti ordinanze ad altro titolo. In ogni caso il cumulo, quando ammesso, non può superare il 100 per cento del costo parametrico per gli interventi sugli immobili vincolati come beni culturali e l’80 per cento del costo parametrico per tutte le altre tipologie.

Il nuovo sistema – qui riprodotto nel Testo unico – si fa carico anche del recupero degli edifici vincolati come d’interesse culturale che già prima del sisma si trovavano in stato di forte degrado (edifici collabenti), ammettendoli a godere del contributo per intero con una maggiorazione fino al 50 per cento (mentre per i ruderi, evidentemente insuscettibili di un riuso o recupero utile, resta il vecchio contributo di 250 euro a mq già previsto dalle precedenti ordinanze).

Come norma di chiusura del sistema è poi prevista la possibilità, del tutto eccezionale, che per taluni immobili molto particolari sottoposti a vincolo come beni culturali si possa dare un contributo a computo metrico di progetto, sulla base di una stima diretta, quando risulti dimostrata l’insufficienza del contributo ordinario (pur con le previste maggiorazioni) a coprire i costi effettivi del recupero.

Sono pervenuti numerosi quesiti interpretativi in sede di prima applicazione della nuova ordinanza n. 116 del 2021 ed è in corso di predisposizione un’apposita circolare esplicativa. All’esito di questa prima fase attuativa, non è escluso (e può, anzi, essere per certi aspetti auspicabile) che possano essere inserite apposite modifiche migliorative al testo, all’esito dell’inchiesta pubblica.

Il Titolo II (Gli edifici di culto) della Parte III del Testo unico riguarda la ricostruzione delle chiese e degli edifici di culto e riprende essenzialmente il testo della norma primaria (art. 15 del decreto Sisma) e quello dell’apposita ordinanza applicativa n. 105 del 2020.

In base a questo sistema normativo, dopo numerose oscillazioni nelle scelte del legislatore circa la collocazione di tali interventi nel quadro della ricostruzione pubblica o in quella privata, con una norma del 2020 si è infine stabilito che le chiese e gli edifici di culto sono di competenza (come soggetto attuatore) delle Diocesi e degli altri enti ecclesiastici civilmente riconosciuti se il costo dell’intervento si colloca al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria (circa 5,3 mln di euro), mentre sopra questa soglia l’intervento spetta invece al MIC.

Con questa riforma, fortemente voluta dalla Struttura commissariale, di intesa con la CEI, si sono “liberate" le Diocesi dall' improprio ruolo di amministrazioni aggiudicatrici-stazioni appaltanti soggette alle complesse regole del codice dei contratti pubblici, un ruolo di dubbia costituzionalità ai sensi dell’art. 7 Costituzione e che aveva frenato e complicato la ricostruzione dei circa 4 mila edifici di culto danneggiati dal sisma 2016 e si è liberato il MIC da un onere difficile da sostenere.

Per gli interventi di competenza delle Diocesi è stato ora chiarito che si applica il regime della ricostruzione privata per quanto riguarda la scelta dei progettisti e gli appalti di servizi tecnici e di esecuzione dei lavori (salva la facoltà della Diocesi di fare una call informale tra vari operatori economici per garantire un minimo confronto concorrenziale), mentre per la parte riguardante l’autorizzazione del progetto e la concessione del contributo si applica la disciplina (sia pur adattata) della ricostruzione pubblica, con determinazione del contributo sulla base del progetto approvato (come avviene per la ricostruzione privata) a valere sui fondi della ricostruzione pubblica (e non attraverso la concessione del credito d’imposta, come avviene per la ricostruzione privata).

Questi progetti – e l’annessa concessione del contributo – passano per l’approvazione nell’apposita conferenza regionale, dove acquisiscono anche la necessaria autorizzazione del MIC.

Il Titolo III, Capo I (Immobili di proprietà privata destinati a uso pubblico) completa la disciplina degli immobili di proprietà privata di interesse culturale e paesaggistico di cui al precedente Titolo I della Parte III del Testo unico contenendo ulteriori disposizioni essenzialmente destinate a perimetrare il regime giuridico degli immobili di proprietà privata che, alla data dal 24 agosto 2016, risultavano destinati a uso pubblico, per tali intendendosi tutti gli edifici adibiti a funzioni culturali, sociali o religiose ovvero ad usi pubblici come scuole private e paritarie, strutture sanitarie e socio-sanitarie, caserme; si prevede, pertanto, per le predette fattispecie un rinvio ai contenuti delle disposizioni, in quanto compatibili,  dei precedenti Titolo I e Titolo II, Capo I.

In attuazione del sistema normativo primario e, in particolare, del testo dell’articolo 5, comma 2, lettere a), c), d) ed e) del decreto Sisma, gli articoli 1 e 2 del Titolo III dettano ulteriori disposizioni di completamento, relative a condizioni e caratteristiche delle specifiche categorie dei soggetti che possono beneficiare dei contributi e delle misure riconosciuti per gli interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione in relazione a tali precipue tipologie di immobili privati a destinazione pubblica. In particolare, rispetto alle modalità di accesso ai relativi contributi e alla fonte di finanziamento, si prevede espressamente che le risorse siano a valere sulla contabilità speciale di cui all’art. 4 del decreto Sisma.

Si ammette, inoltre, ai sensi dell’articolo 3, l’ipotesi che contestualmente all’intervento di riparazione, ripristino o ricostruzione di tale tipologia di immobili, si registri un mutamento di destinazione d’uso di tali edifici nel caso in cui l’originaria destinazione a uso pubblico risulti persa a seguito degli eventi sismici e in conseguenza di determinazioni amministrative non imputabili al proprietario, sempre fermi restando i limiti e le condizioni imposti dagli strumenti urbanistici vigenti. In tale ultimo caso, ai fini della determinazione del contributo per la ricostruzione, in ragione della nuova destinazione d’uso prescelta dal richiedente, le disposizioni applicabili saranno quelle che disciplinano gli interventi per la riparazione dei danni lievi ovvero dei danni gravi di edifici ad uso abitativo.

Il Titolo IV della presente Parte, relativo agli interventi di ricostruzione su edifici già interessati da precedenti eventi sismici, affronta l’importante tematica relativa agli immobili siti nel cosiddetto “doppio cratere”, ovvero quelli colpiti sia dal sisma 2009 che da quello 2016/2017, e agli immobili siti nelle regioni Umbria e marche già danneggiati dalla crisi sismica del 1997 e 1998 e in Umbria del 2009.

Nel Capo I, sono descritte le disposizioni per gli interventi di ricostruzione e riparazione da eseguire sugli edifici privati ubicati nei comuni di cui all'art. 1 del decreto Sisma, e successive modificazioni ricompresi nella Regione Abruzzo e già danneggiati per effetto degli eventi sismici verificatisi a far data dal 6 aprile 2009, i quali per effetto degli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 abbiano subito un danno ulteriore prevalente sulla base dei criteri stabiliti dal presente capo. Ovviamente le disposizioni del presente capo si applicano a tutti gli immobili privati ubicati nei comuni di cui all'art. 1 del decreto Sisma e in quelli individuati a norma dell'art. 1 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e successive modificazioni ed integrazioni, ferme restando, per gli immobili siti fuori cratere, la necessità di dimostrazione del nesso causale tra gli eventi sismici e i danni riportati come stabilito rispettivamente dal comma 2 dell'art. 1 del decreto Sisma e dal comma 3 dell'art. 1 del decreto-legge n. 39/2009 e le modalità di calcolo del contributo stabilite.

Successivamente sono descritti: i criteri per l'individuazione del danno prevalente e le modalità di accertamento dello stesso; la determinazione e le richieste del contributo; spese tecniche ovvero il compenso spettante ai professionisti incaricati della rilevazione degli esiti e della predisposizione delle schede AeDES; le modalità per l’erogazione e contabilizzazione dei contributi; le modalità di finanziamento ed esecuzione degli interventi su edifici pubblici.

Nel Capo II, sono descritte le disposizioni in merito ai finanziamenti per gli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione che non siano già stati oggetto di finanziamento sugli edifici privati ubicati nei comuni di cui all'art. 1, comma 1, del medesimo decreto Sisma siti nelle Regioni Umbria e Marche resi inagibili dagli eventi sismici del 1997 e 1998, che abbiano riportato danni ulteriori per effetto degli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, i quali risultino inclusi nelle U.M.I. di fascia «N» del Programmi integrati di recupero (PIR) di cui all'art. 3 della legge 30 marzo 1998, n. 61, con priorità per gli interventi su edifici ubicati all'interno dei centri e nuclei di particolare interesse ovvero ricompresi negli aggregati edilizi di cui alla Sezione II, Capo II, Titolo I, Parte Seconda del presente Testo unico. In seguito, sono analizzate, per gli edifici sopra menzionati, le determinazioni, le concessioni e le modalità di erogazione dei contributi.

Il Titolo V della Parte III si compone di quattro Capi ed è dedicato ai principi inerenti le disposizioni in materia di sicurezza sismica, efficienza energetica, sostenibilità e certificazioni ambientali. Si tratta di una parte che sintetizza in modo chiaro quanto presente in via generale nelle ordinanze del passato, e traccia un percorso normativo particolarmente utile ai fini operativi.

Il Capo I rubricato “Principi in materia di interventi su aree soggette a dissesti” si occupa in un unico articolo della trattazione completa ed organica di azioni e responsabilità inerenti la ricostruzione mediante delocalizzazione, degli edifici interessati dai movimenti franosi, prevedendo anche, in modo coerente a principi di economia circolare, la possibilità di gestione delle macerie conseguenti alla demolizione, citando che queste “sono cedute gratuitamente al Comune per essere adibite ad uso pubblico compatibile con le condizioni di instabilità della zona”.

Al Capo II viene disciplinata l’assegnazione dei finanziamenti per gli studi di microzonazione sismica di III livello ai Comuni interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, con disposizioni in modo strutturato quanto inerente gli studi di microzonazione sismica di III livello (Art. 1), la individuazione dei soggetti coinvolti ed i relativi compiti (Art. 2), la ripartizione dei fondi ai Comuni (Art. 3), l’affidamento degli incarichi, ed i relativi requisiti professionali necessari, inerenti gli studi di microzonazione mediante le procedure di gara (Artt. e 5), nonché quanto alla erogazione fondi relative tempistiche (Artt. 6, 7).

Il Capo III presenta sette articoli e contiene le disposizioni inerenti l’assegnazione dei finanziamenti per gli approfondimenti conoscitivi e studi prototipali in zone di attenzione per cavità e instabilità di versante, sismoindotte o in conseguenza di dissesti idrogeologici, individuate con gli studi di microzonazione sismica e, infine, al Capo IV si disciplinano in otto articoli tutti i possibili approfondimenti conoscitivi in zone di attenzione per faglie attive e capaci, individuate con gli studi di microzonazione sismica.

Dunque, può rilevarsi come in merito ai temi dell’efficientamento energetico, della sostenibilità e delle certificazioni ambientali, all’esito dei lavori e delle consultazioni, potranno seguire ulteriori approfondimenti e considerazioni che convergano verso una “visione” della ricostruzione sempre più allineata alle istanze europee e che segua principi e finalità proprie della sostenibilità e di un corretto approccio energetico-ambientale nella filiera edilizia.

L’auspicio verso cui tendere è la ricostruzione e rigenerazione di edifici la cui progettazione, realizzazione e gestione sia a basso impatto energetico-ambientale e capaci di prestazioni misurabili secondo una corretta logica sistemica. Si potrà perciò prevedere una trattazione della tematica che guardi verso l’“efficienza energetico-ambientale” (oltre all’efficienza energetica di cui già si tratta ampiamente nell’attuale Testo unico), comprendendo con tale locuzione un maggiore campo di azione. Infatti, tale locuzione sottenderebbe anche principi che trattano miglioramenti ad ampio raggio inerenti energia, emissioni, acqua, economia circolare, materiali, salubrità, etc., forse maggiormente descrittivi degli obiettivi europei e degli indicatori definiti dalle nazioni unite. Riflessioni simili coinvolgono anche i temi di “sostenibilità e certificazioni ambientali”, che potrebbero essere utilmente declinati in maniera più approfondita anche rispetto ai connessi incentivi. Inoltre, sotto il profilo della sicurezza antisismica (faglie attive, frane, microzonazione…) gli studi dovrebbero concludersi con indicazioni più chiare ed esplicite ai fini della ricostruzione ossia se i terreni interessati siano ri-edificabili, ri-edificabili con interventi di mitigazione o contenimento, oppure non ri-edificabili (delocalizzazioni).

Dunque, tali possibilità potrebbero in concreto tradursi in correzioni ed integrazioni al Testo unico in consultazione.

Relazione illustrativa della Parte Quarta

La Parte IV, composta da un titolo e da tre capi, innova profondamente la programmazione e la pianificazione urbanistica rispetto al passato. Il concetto nuovo è il seguente: nella ricostruzione post-sisma, se non si sceglie un modello radicale di delocalizzazione (come fu, ad esempio, per Gibellina in Sicilia), la pianificazione urbanistica non riveste un ruolo determinante poiché non si tratta di costruire nuovi centri o tessuti urbani nel territorio, consumando nuovo suolo, ma di “ricostruire”, in larga  misura, gli edifici e i nuclei urbani esistenti, sebbene rigenerati. Per queste ragioni, per questa scelta di fondo, ciò che deve guidare la ricostruzione è il diritto della rigenerazione urbana, che si occupa di qualità edilizia, efficienza antisismica, energetica, eco sostenibilità, più che l'urbanistica di tradizione, che si occupa invece di collocazione delle costruzioni nello spazio, nel territorio, di indici e parametri plano-volumetrici, di densità edilizia, distanze, allineamenti, di quanto e dove costruire.

Ma in una ricostruzione che rifiuta il dilemma dei modelli “dov'era, come era" o della  “delocalizzazione" e sposa la terza via della rigenerazione urbana, la stragrande maggioranza degli interventi non ha bisogno di nuove regole urbanistiche di disciplina delle costruzioni dello spazio ma di regole che favoriscano il recupero della qualità dell'esistente, la proiezione dell' identità storico-culturale del passato nel futuro, lasciando all' urbanistica il giusto spazio nei casi di nuove costruzioni,  delocalizzazioni, ridisegno urbano.

Sulla base di queste premesse, è stata abrogata la regola secondo cui sono vietati gli interventi di riparazione, consolidamento, ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma in assenza dell' approvazione di un piano attuativo ( sono ben pochi quelli avviati a 5 anni dal sisma), sono stati resi facoltativi i piani attuativi, si è privilegiata la logica dei programmi straordinari di ricostruzione, più leggera ma per tutti. Deve pure essere evidenziato che questo “ribaltamento delle priorità”, riportare cioè l'urbanistica al servizio della ricostruzione anziché il suo contrario, determina una notevole semplificazione delle attività poiché non si tratta più di “attendere il piano" ma di avviare gli interventi, con modalità spedite, secondo regole e programmi.

Se la grande maggioranza degli interventi sono “conformi" al preesistente ossia non determinano aumenti di volumi, superfici e sostanziali modifiche di sagoma, e si preoccupano solo di efficienza antisismica, energetica e di qualità edilizia, si può procedere senza indugi, poiché non sono le regole quelle che mancano.

Il Capo I ridisegna con chiarezza gli strumenti urbanistici, in particolare dei programmi straordinari di ricostruzione e dei piani attuativi, sulla base delle premesse svolte, chiarendo i contenuti e le procedure di approvazione.

Il Capo II si sofferma nel chiarire la nozione e la disciplina degli interventi “conformi" e delle  “deroghe" ( che vere deroghe non sono poiché affermano l'irrilevanza dei piani urbanistici per le ricostruzioni “ conformi" al preesistente).

Il Capo III costituisce un’utile sintesi, una sorta di “vademecum", delle attività e dei compiti dei comuni, non per aggravare ma, al contrario, per semplificare in modo essenziale le azioni dei comuni, limitandole a quelle indispensabili e lasciando la libertà a ciascuna amministrazione di “ fare di piu", secondo scelte autonome.

Non può essere infine trascurato che viene ribadita, sulla base dell' innovazione riconosciuta dal legislatore con il decreto 76/2020, la possibilità di procedere alla scelta, davvero nuova, della  “ricostruzione pubblica" dei centri storici maggiormente colpiti in luogo della ricostruzione privata che incontra, spesso, in specie nelle situazioni più gravi, insormontabili difficoltà.

La ricostruzione pubblica, attraverso scelte partecipate dalla cittadinanza, tramite appalti e per lotti unitari, costituisce un'innovativa e rilevante alternativa al modello della ricostruzione privata, soprattutto in uno scenario di proprietà debole e frammentata, talvolta distante (emigrata), a fronte di difficoltà tecniche ed operative di notevole livello (si pensi solo alle cantierizzazioni o alle demolizioni in situazioni ancora invase dalle macerie o dai crolli).

Questa alternativa, fortemente voluta dalla Struttura commissariale, si sta affermando in modo crescente in diverse realtà locali e ha trovato una pronta risposta nelle più recenti ordinanze speciali del Commissario straordinario.

Relazione illustrativa della Parte Quinta

La Parte Quinta del presente Testo unico raccoglie le disposizioni vigenti e frutto di complessi ed importanti confronti avvenuti nel corso di questi anni anche con le differenti parti sindacali, relative agli operatori privati della Ricostruzione: i Professionisti e le Imprese.

Il Commissario straordinario, sin dal suo insediamento, ha insistito per realizzare una maggiorazione dei compensi professionali nella convinzione dell'accresciuto ruolo dei professionisti tecnici nello svolgimento delle funzioni di certificazione in qualità di incaricati di servizio di pubblica necessità  (S.C.I.A.) ed anche in tema di appalti ha avviato una revisione dei prezzi alla luce delle recenti evoluzioni di mercato.

A nessuno può sfuggire che professionisti e imprese sono da considerarsi attori principali della ricostruzione poiché senza buoni progetti e cantieri efficienti la qualità della ricostruzione risulta impossibile. Su tale normativa sono sorti spesso dubbi interpretativi e prassi che tendono a confondere, in specie nella ricostruzione privata, gli istituti del codice dei contratti pubblici con quelli civilistici invece applicabili, con un conseguente disorientamento e una complicazione nelle attività degli uffici e degli operatori economici, dando vita ad una sorta di tertium genus non necessario e dai contorni incerti o occasionalmente definiti.

Occorre subito premettere che l'intera ispirazione che muove l'azione generale del Commissario straordinario, lungo la via della semplificazione e della certezza giuridica, è dettata dal convincimento della salvezza dei principi generali dell'ordinamento e delle partizioni consolidate del diritto positivo, ricorrendo alle fattispecie di “diritto speciale” solo nei casi strettamente necessari per la miglior cura degli interessi generali alla speditezza e all' efficienza della ricostruzione.

Questa premessa di principio ci consente di poter affermare, con la dovuta chiarezza, che nella ricostruzione privata non sono applicabili gli istituti del codice dei contratti pubblici, approvato con il decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50, ma occorre invece applicare le norme del codice civile (capo VII, Titolo IV), del Testo unico dell’edilizia e della legislazione ordinaria di riferimento, fatte salve le norme speciali in tema di concessione del contributo e di disciplina degli interventi (art.12 decreto Sisma, come novellato dal decreto 76/2020, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n.120).

Ciò vale, in particolare, per quanto concerne la disciplina degli appalti dei lavori, nelle diverse fasi e svolgimenti, per la quale gli Uffici speciali della Ricostruzione non devono attingere ai principi e alle regole del codice dei contratti pubblici.

Come noto, l'art. 6, comma 12, del decreto Sisma stabilisce  che: “Ferma restando l'esigenza di assicurare il controllo, l'economicità e la trasparenza nell'utilizzo delle risorse pubbliche, i contratti stipulati dai privati beneficiari di contributi per l'esecuzione di lavori e per l'acquisizione di beni e servizi connessi agli interventi di cui al presente articolo, non sono ricompresi tra quelli previsti dall'articolo 1, comma 2,del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 50/2016.” (V. Cass. civ. Sez. Unite, Ord. 31.10.2019, n. 28213 secondo cui “…da questo, discende che i lavori in discussione non sono pubblici, condizione quest’ultima che il D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, richiede invece come indispensabile per la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; 6. che la mancanza del carattere pubblicistico dei lavori esclude, quindi, radicalmente, la giurisdizione amministrativa”).

Si ribadisce che ciò vale per i diversi temi ricorrenti nella prassi, ossia, ad esempio, per gli istituti della qualificazione dei concorrenti, per le procedure di affidamento, per i criteri di scelta dell'offerta, per la disciplina dei raggruppamenti tra imprese, per l'avvalimento, per il subappalto.

Tuttavia, ragioni di prudenza in considerazione del rilevante impiego di denaro pubblico, hanno indotto il legislatore speciale a prevedere che, per i lavori di importo superiore a 258.000                                                euro, le imprese affidatarie debbano essere in possesso dei requisiti di qualificazione SOA, anche per i lavori privati, ed il Commissario straordinario a seguire, in tema di subappalto, la traccia del legislatore nazionale. La materia, all' esito della consultazione, merita una più precisa sistemazione.

Ciò premesso, nel Capo I, nella prima sezione, in attuazione delle previsioni contenute nell’articolo 34, commi 1, 2, 4, 5 e 7, del decreto Sisma, sono descritte le disposizioni finalizzate ad assicurare la massima trasparenza nel conferimento degli incarichi di progettazione e direzione dei lavori mediante l’adozione di un elenco speciale dei professionisti abilitati, denominato «elenco speciale», con la definizione dei criteri finalizzati ad evitare concentrazioni di incarichi che non trovano giustificazione in ragioni di organizzazione tecnico-professionale, tenendo a mente la possibile sussistenza dei limiti imposti dagli specifici contratti di diritto privato e dalle regole deontologiche relative all’esercizio della professione, vigilate dal competente Ordine professionale.

Di seguito, nello specifico, sono analizzati: i requisiti per l’iscrizione nell’Elenco speciale dei professionisti; la modalità di iscrizione nell’Elenco speciale dei professionisti; la gestione dell’Elenco Speciale, il compenso dovuto al professionista per la redazione della scheda AeDES e perizia giurata sia nel caso di edificio classificato come agibile e sia inagibile; la conclusione delle attività ai fini della concentrazione degli incarichi; i criteri finalizzati ad evitare la concentrazione degli incarichi professionali nella ricostruzione privata; i limiti e criteri per evitare la concentrazione degli incarichi nella ricostruzione pubblica.

Sarano allegati alla presente Parte del Testo unico gli schemi di Protocollo d’intesa tra il Commissario Straordinario e la Rete Nazionale delle professioni dell’area tecnica e scientifica e tra il Commissario Straordinario e il Consiglio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati riunito nel Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali, che contengono: a) i criteri generali ed i requisiti minimi per l’iscrizione nell’«elenco speciale»; b) la disciplina analitica e di dettaglio del contributo previsto dall’art. 34, comma 5 del medesimo decreto Sisma; c) in attuazione delle previsioni contenute nell’articolo 34, comma 7, del medesimo decreto Sisma, con riguardo agli interventi di ricostruzione privata, i criteri finalizzati ad evitare concentrazioni di incarichi che non trovano giustificazione in ragioni di organizzazione tecnico-professionale; d) la disciplina dello svolgimento da parte dei professionisti dell’attività prevista dal presente capo; e) la disciplina relativa alla composizione ed alle funzioni dell’Osservatorio Nazionale previsto dal presente Testo unico. Il medesimo protocollo disciplina in modo dettagliato le percentuali relative alle singole prestazioni professionali, ovvero il contributo del Commissario per i compensi professionali, con riferimento alle principali attività, nonché la disciplina delle spese, i visti di congruità dell’ordine professionale competente, gli aspetti disciplinari e sanzionatori.

Viene, inoltre, riportato lo schema di contratto tipo per lo svolgimento di prestazioni d’opera intellettuale in favore di committenti privati per la ricostruzione post-sisma 2016.

Nella seconda sezione, del presente Capo, in attuazione dell’art. 34 comma 7-bis del decreto Sisma, vengono disciplinati i criteri, le modalità e i tempi dell’anticipazione ai tecnici e ai professionisti, delle spese tecniche per la progettazione e per la relazione geologica, e, alle imprese esecutrici, delle spese delle indagini preliminari geognostiche e/o prove di laboratorio sui materiali afferenti agli interventi di edilizia privata di ricostruzione dei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a decorrere dal 24 agosto 2016, sia per danni lievi che per danni gravi, necessarie per la presentazione del progetto di riparazione con rafforzamento locale o ripristino con miglioramento sismico o demolizione e ricostruzione, ubicati nei Comuni di cui all’art. 1 del citato decreto Sisma.

Nel Capo II, sono descritte le disposizioni finalizzate a disciplinare l’istruttoria relativa alle spese per le attività professionali di competenza degli amministratori di condominio e le spese di funzionamento dei consorzi appositamente costituiti tra proprietari, condotta dagli Uffici speciali per la ricostruzione, sulle domande di contributo per gli interventi di ricostruzione privata, in modo da rendere più celeri le relative procedure e garantire la correttezza dell’attività tecnica ed amministrativa propedeutica all’adozione del decreto di concessione dei contributi, anche in relazione alla successiva attività di verifica e controllo eseguita in attuazione dell’articolo 12, comma 5, del decreto Sisma.

Nel Capo III, sono descritte le misure dirette ad assicurare la regolarità contributiva delle imprese operanti nella ricostruzione pubblica e privata al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare nelle attività di ricostruzione pubblica e privata, nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria interessate dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.

Sono quindi descritte le attività che il responsabile unico del procedimento (RUP), relativamente agli interventi di ricostruzione pubblica, e gli Uffici speciali per la ricostruzione, relativamente agli interventi di ricostruzione privata, devono attuare. Nello specifico, è menzionata l’attività relativa al controllo e al monitoraggio del DURC di congruità.